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Almeno non siamo soli

Sono quello sbagliato, quello problematico. Quello da lasciare stare. Sono quello che veste come non piace a voi, che ascolta la musica sbagliata, che “sicuramente si droga”. Quello che nessuno riuscirebbe a capire

La gente non lo sa, forse nemmeno se lo chiede, perché mi sento così. Vivo la mia vita sempre più forte perché non sento niente. Ci sono dei momenti in cui ho bisogno di distruggere tutto, di distruggermi. Ho bisogno di arrabbiarmi. Metto la musica a tutto volume, musica che faccia casino, che riesca a farmi sentire le vibrazioni dentro, dove mi fa male, dove sento il vuoto. Oltre quella corazza che tengo sempre. Mi drogo per sentirmi male, perché mi sento vivo, perché almeno il male lo sento. Preferisco le botte al posto del silenzio. Preferisco gli schiaffi di mio padre piuttosto che i suoi discorsi vuoti, il suo silenzio, la sua assenza. Va bene una lametta, la droga, la musica. Ho bisogno di tutto questo, purché mi faccia male. Ogni tanto guidare mi calma. Prendo la macchina e guido, vado in giro, guardo la gente. Certe volte ho guidato per un’ora pensando ad altro. Quando mi fermo, penso che non ricordo niente di quell’ora, non una rotonda, una strada o un pedone. Guido in maniera automatica, mentre penso. Ma a volte non basta. A volte sento così forte quel freddo, quella rabbia, quella solitudine e tristezza, quella voglia di farmi male, che vorrei finisse tutto. A volte alzo la musica a tutto volume, premo dolcemente sull’acceleratore, serro le mani sul volante e chiudo gli occhi. Uno, due… cinque secondi. Sono i cinque secondi in cui mi sento libero. Sono il male che mi porto dentro. Sono la mia rabbia e forse non sono nient’altro. Oggi sono passati anni. Oggi sono una persona diversa. Sono a Sanpa e penso che un giorno quel mondo sarà mio, troverò il mio posto. Perché sì, li fuori c’è un posto anche per me, e mi sta aspettando. Devo dirvi la verità, quel male non se n’è andato. Non se ne andrà mai. Non avete idea di quanto sia forte. L’unico modo che ho trovato per andare avanti è stato parlarne, ascoltare la rabbia degli altri. Questa è l’unica benzina che muove questa macchina, che sono io, o quello che ho costruito in trent’anni. Non è perfetta, ma funziona. E se posso usarla per qualcuno, se posso dare qualcosa agli altri, anche di piccolo, allora posso farlo anche per me stesso. Ho parlato tante volte a mio padre, di quello che è successo e di quello che ho sentito. È stata dura raccontarci l’un l’altro. Ho sbagliato tanto in vita mia, ma alla fine lui ha capito la mia rabbia. È stato proprio lui a farla capire anche a me. Tutti hanno sempre provato ad aiutarmi, non so perché ma solo le sue parole hanno smosso qualcosa dentro di me. È successo qualche giorno fa quando ha risposto ad una lettera, raccontandomi una delle sue ‘stupide’ metafore. Questa però, penso sia la migliore che gli sia mai uscita. “Ti sembrerà stupido, ma ascoltami” mi ha scritto lui. “Ci sono due cani che si perdono al luna park. Uno di loro è arrabbiato, ringhia, l’altro è un po’ triste, ma tranquillo. Per caso, si trovano dentro la sala degli specchi, quella dove ci sono tanti specchi che ti riflettono, ti sformano. Quando escono, uno di loro è impazzito, arrabbiato, piange, si tira dei morsi da solo. L’altro è felice e scodinzola, sembra il cane più felice del mondo. È semplice: uno aveva visto mille cani arrabbiati, dentro quel posto. L’altro aveva visto tanti simili che stavano come lui, e ogni volta che si avvicinava a qualcuno, vedeva un altro che gli veniva incontro. Qual è la morale? Non lo so. Ma forse a volte abbiamo bisogno di dire le cose a qualcuno, anche se ci sembra inutile. A volte funziona. E se non funziona… beh, siamo comunque nella stessa situazione… ma almeno non siamo soli”.

Articolo di  Lorenzo tratto da “Sanpanews-Voci per crescere” N° 54 marzo 2021
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