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Avevo già scelto

Conosco Roberto e nella mia vita subentra anche la coca. Lui era un tipo tosto e rispettato da tutti quelli del posto. Per forza: spacciatore di cocaina, beveva di brutto, cambiava macchina e moto continuamente, aveva un pacco di soldi.

Soltanto adesso capisco perché sia nato un legame tra lui e uno come me. Roberto vedeva in me quel ragazzo spericolato che era stato quando aveva sedici anni e io in lui vedevo quello che sarei voluto diventare. Infatti pian piano vengo riconosciuto e accettato anche da quelli più grandi, proprio per quello che facevo, ma soprattutto per quello che vendevo. Stare con lui mi aveva dato l’opportunità di essere quello che volevo. Una sera Roberto mi chiama e mi dice di salire in macchina. Salgo senza fare alcuna domanda. Andiamo a casa di un suo amico ma non mi fa scendere, devo restare in macchina, aspettarlo senza fare casino con la musica dello stereo. Non ci doveva sentire nessuno. Dopo poco ritorna, sale ma prima di ripartire mi dà una busta che devo tenere assolutamente in mano fuori dal finestrino, per buttarla via al suo segnale, se qualcuno ci avesse seguito. Era cocaina, ed era davvero tanta. Ma Roberto non riesce a resistere, così dopo un paio di chilometri si ferma e mi dice di preparare due righe. Non l’avevo mai fatto, ma che ci voleva? Ho preso un CD dal cruscotto, ne ho presa un po’, a occhio, ho fatto come si vede nei film. Ce le siamo tirate. Quella fu la mia prima volta. Ad essere sincero non ho sentito niente di particolare, forse perché ero già talmente tanto eccitato ed euforico per tutta quella situazione che stavo vivendo. Prima spacciavo e fumavo hashish e marijuana, adesso facevo lo stesso con la coca. Mi sentivo veramente troppo figo, credevo che non mi mancasse niente. Poi ho conosciuto Silvia, un’amica di mio fratello. Non riuscivo a capire perché, ma quando ci vedevamo provavo delle sensazioni fortissime, mai provate fino a quel momento. Essendo vicini di casa capitava molto spesso di incontrarci praticamente tutti i giorni, a volte più volte al giorno. Dopo poco ci fidanziamo. All’inizio con lei era tutto perfetto. Io ero innamoratissimo e lei provava lo stesso per me, riusciva a sentirsi al sicuro, diciamo protetta. Nel nostro rapporto c’era tantissima fiducia e di conseguenza non esisteva la minima gelosia. Potevamo uscire liberamente con i nostri amici senza alcun problema. Lei per me era la ragazza ideale, era perfetta. Una ragazza normale, con cui potevo continuare a fare la mia vita. Ma quell’illusione svanisce presto. Dopo qualche mese Silvia scopre che cosa faccio per via di terzi. Lei sapeva soltanto che mi facevo qualche canna quindi, un po’ come fa la maggior parte delle persone, lo accettava perché pensava che non fosse un grande problema. Appena ricevuta la notizia chiama immediatamente i miei genitori: “Marco spaccia. Marco tira la coca”. Quello fu l’inizio della sua battaglia ma io ero troppo bravo a nascondere tutto, a raccontarle bugie. E giocavo molto sul fatto che lei mi amasse. La vita mi aveva portato davanti ad un bivio, la droga da una parte e Silvia dall’altra. Non riuscivo a scegliere, volevo entrambe. Volevo continuare a “divertirmi” quindi ero costretto a mentirle spudoratamente pur di far funzionare le cose. In quel momento non capivo, ma in realtà avevo già scelto. Ricordo che una volta, per il mio compleanno, tornando a casa trovai Silvia con i miei amici ad accogliermi. Mi aveva preparato una sorpresa ma io mi ero già organizzato per i fatti miei, avevo in programma una serata con gli altri amici, quelli sballati. Così saltano tutti i miei piani e passo una serata da schifo ma di conseguenza la faccio passare anche a lei e a tutti gli altri. Il risultato della mia festa di compleanno: io arrabbiato e con il muso, gli amici imbarazzati e Silvia che piangeva. Quando sono usciti tutti siamo rimasti soli, io e lei. Non ci guardavamo neanche in faccia. A un certo punto lei mi chiede se mi faccio ancora. Non rispondo. “Non ti rendi proprio conto di cosa stai diventando, di cosa sei capace”. La guardo. La semplicità di quella frase mi lascia in silenzio. “Non so se vuoi ammazzarti o cosa, non so niente di droga. Ma io me ne vado. Mi dispiace Marco. Forse un giorno capirai dove stai arrivando, ti voglio troppo bene, e non me ne starò qui a guardarti mentre diventi menefreghista, calcolatore, approfittatore. Se vuoi fare il tossico fallo. Io me ne vado”. Si alza, senza guardarmi. Prende la borsa e se ne va senza dirmi nulla. Mi viene un ghigno stupido, quasi di sfida. Ma dentro sto morendo. Prendo il telefono. Segna l’una e ventisei. Sono ancora in tempo. Compongo il numero. “Ue, bella Robbi, mi sono liberato, scusa oh. Mi vieni a prendere?”.

Articolo di Marco tratto da “Sanpanews-Voci per crescere” N° 51 dicembre 202
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