Fiera di paese

Girai gli occhi, frastornata e, come uscita da un sogno, mi accorsi che era festa. Persa, nel rincorrersi delle voci, inebriata di colori e profumi, notai le bancarelle tra le grida dei venditori

L’odore delle noccioline caramellate infestava tutta la piazza colorata da baracconi pieni di vestiti, caramelle e utensili per la casa. La vecchia chiesa e i bar storici del paese corniciavano il centro. Le famiglie passeggiavano fermandosi a ogni baracca per comprare pentole in offerta, pellicce finte e libri. Interpretavo sorrisi offuscati di una vita che non avrebbe mai fatto parte di me. Lo sfiorarsi dei cappotti, l’affetto degli abbracci e le risate innocenti. L’anziano del paese chiamava i bambini per legare ai polsi un palloncino gonfiato con l’elio, così i genitori erano costretti a comprarlo. Animali, fiori e colori cercavano di scappare nel cielo, trattenuti da uno stupido filo bianco. Mi facevo spazio tra la gente con l’intento di recuperare qualche moneta dalle tasche dei giubbotti. Il tiepido nelle dita e il mondo si fermava, l’immagine di una famiglia davanti al camino cancellata da quella di un marciapiede umido e fangoso. Avevo i brividi, sentivo i tremori che dai piedi salivano al petto, fitte in testa e sudavo freddo. Un’ondata di aria zuccherina mi ha pervaso il naso, volevo vomitare. Con gli occhi appannati sono riuscita a scorgere un bambino che stringeva delle banconote, stava aspettando il turno per comprare delle caramelle: ho pensato ai pochi passi che sarebbero bastati per prendergliele di mano. Le gambe tremavano e fitte lancinanti colpivano il costato. L’inferno davanti allo zucchero e alla spensieratezza dell’infanzia. Il bambino ha chiesto delle rondelle di liquirizia, dei vermi frizzanti e del cioccolato al latte. Il ricordo dello zucchero sulle dita e di mia madre che diceva di non ingozzarmi, le tasche colme di cioccolatini da nascondere sotto al cuscino. Il bambino ha allungato le banconote all’uomo dei dolciumi. Il diavolo mi ha costretta a prendere quei soldi, ho pensato, la punizione per non esserci riuscita. Un conato, la gente si è allontanata e ha preso in braccio i bambini più piccoli. L’immagine di un ubriaco per strada e la sensazione della stretta alla mano di mia madre. Odore di zucchero, ribrezzo e paura. Ero il sasso che inceppa una centrifuga di colori ed emozioni. Ero il nero, il vuoto. L’assenza di colore, la morte di sensazioni e la puzza acre di immondizia dimenticata.

Luna