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Una parte di Anna

Sono Anna e sono a San Patrignano da un anno e mezzo. Sono entrata che avevo 18 anni e vi assicuro che non è stato affatto semplice fare questa scelta!

Lo ricordo bene come fosse ieri.

Ricordo quella sensazione di disagio, quel sentirmi altro da me stessa, inadeguata sempre e comunque, in ogni situazione con chiunque.

Ricordo quando mi guardavo allo specchio e non riuscivo a capire chi c’era davvero dietro a quegli occhioni blu. Vedevo un bellissimo colore, ma erano bui, vuoti, smarriti! Non ricordavo nemmeno da quanto tempo era che non vedevo la luce! Vedevo una persona che non conoscevo.

Ricordo quella rassegnazione di non riuscire a ritrovarmi, di ritrovare Anna di sempre. Mi ero persa dietro una vita che non era vita.

Più passava il tempo più le cose peggioravano, vivevo ormai la mia vita da spettatrice. Ero arrivata a perdere tutto, persino la mia famiglia. L’unica cosa buona che potevo fare era entrare in comunità`. Ascoltavo le parole di mia madre. Aveva ragione, ma era una doverlo ammettere, troppo dura. Mi spaventava non sapere a cosa sarei andata incontro, ma ero stanca della mia vita. Era un sabato di giugno, c’era un sole meraviglioso che illuminava la città e le persone. Ma io non riuscivo a fare entrare dentro di me neppure uno spiraglio di luce.

Avevo perso ogni speranza. Così decisi di provare.

Ero in macchina con mia sorella e la mia mamma. Un’ora di viaggio che sembrava non finire mai. Nessuna fiatava. Non una parola. Solo le canzoni di Rino Gaetano rompevano quel silenzio che mi stava distruggendo. La disperazione era l’unica cosa che percepivo.

Arrivammo a destinazione: una comunità che avevano consigliato a mia madre. Parlai con una persona e immediatamente mi prese il panico. Mi era bastato un attimo per cambiare idea. Non volevo. Non volevo più entrare. Iniziai a sudare. La paura si fece sempre più forte.

“Non riesco, la mia vita è questa, non c’è nessuna soluzione per me! Devo farmi. Adesso!”.

Dissi a mia madre che volevo continuare la vita di sempre.

“Anna, o la comunità o la strada”.

Presi la palla al balzo; preparai lo zaino dell’Eastpak con qualche indumento, giusto per avere un cambio. Uscii di casa sbattendo la porta, senza sapere dove andare e cosa fare. Non potevo aspettare un solo minuto in più. Con gli ultimi soldi rimasti presi una dose di eroina.

Di nuovo persa, estranea, lontana da tutto il resto del mondo.

Ero tornata in quella gabbia, dove ormai da anni mi ero rinchiusa, senza trovare la forza o la voglia di liberarmi. Ma questa volta, sentivo qualcosa di strano, di diverso.

Sentivo un peso talmente grande, che non riuscivo più a colmare con le droghe. Non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo. Avevo calpestato così tanto me stessa e le mie emozioni che non ero più in grado di comprendere cosa sentivo, cosa provavo. Avevo davanti una perfetta sconosciuta.

Ma qualcosa stava cambiando.

Ricordo di aver guardato il cielo e di aver espresso un desiderio. “Voglio svegliarmi la mattina, aprire le finestre e stare bene”.

A pensarci oggi, mi vengono i brividi. Mi sentivo una fallita, una disperata, una disadattata.

Non riuscivo a smettere di pensare a mia sorella, alla mia famiglia.

Ma il richiamo di quella vita che mi trascinava nel nulla più assoluto era più forte, superava ogni cosa.

Passavano giorni, settimane, mesi ed io stavo sempre peggio: cercare soldi e rubare era l’unico pensiero, l’unico motivo che mi spingeva a reagire. A trascinarmi alla ricerca della roba. Me la raccontavo dicendomi che in qualche modo l’avrei fatta, sempre e comunque!

Ma avevo toccato il fondo, avevo superato ogni limite stavo arrivando alla fine. Mi sono data un’altra possibilità`. Sono risalita dal mio fondo e ho scelto Sanpa E` quasi ora di uscire, apro le finestre. Mi sento bene. Mi sento viva. Quel desiderio si è avverato.

Anna

Tratto da “SanpaNews”. Scopri come riceverlo