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I disegni che porto nel cuore

Il buio mi si adagiava addosso, dolcemente. I passi delle guardie che si allontanavano mi davano comunque sollievo; sapevo che, in quella cella di isolamento, niente e nessuno avrebbe più potuto farmi del male. Per il momento.

Mi avevano portato in quel posto perché mi avevano beccato a fare tatuaggi agli altri carcerati. Avevo bisogno di soldi in cella, per passare i pomeriggi. Di lavorare non volevo nemmeno sentirne parlare.

Erano anni che facevo quel mestiere, non avrei mai fatto nient’altro nella mia vita. Ero sempre stato bravo a disegnare. Mi sono sempre piaciute le rose, i teschi, le pistole; tatuaggi da malavita. A dodici anni lasciavo senza parole i miei amici; molti mi chiedevano anche di tatuarglieli addosso e io lo facevo gratis per farmi un po’ d’esperienza. Per imparare, ho cominciato a tatuarmi il braccio sinistro, visto che disegno con la mano destra, fino a riempirmi fino alla spalla di scarabocchi. Mi sentivo importante quando vedevo lo stupore dei miei amici, degli estranei, quando vedevano il modo che avevo di interpretare la realtà e desideravano averlo addosso. Per sempre.

Amavo i tatuaggi, ma purtroppo non ho mai seguito davvero questa passione: ho sempre trattato il disegno come un passatempo, una parentesi tra le cose che avevano importanza nella mia vita. Stavo sempre lontano dalle persone, dalle cose che avevano da dirmi, dalla loro amicizia. È sempre stato questo il mio modo di vivere, fin da piccolo. Pensavo solamente a provare quelle emozioni che mi piacevano. Volevo quell’adrenalina che mi dava la carica; i problemi e le discussioni non volevo affrontarli, non volevo sacrificarmi per diventare qualcuno. Volevo semplicemente divertirmi, vivere l’attimo.

Il modo più facile per ottenere quello che volevo e allontanare tutto il resto era l’eroina. L’ho incontrata per caso, da uno che voleva farsi tatuare e non l’ho più lasciata. Ero un ragazzino con un dono, con tutte le potenzialità di questo mondo. Eppure non volevo affrontare la vita; volevo stare bene, in maniera veloce e indolore. Ero disposto a sacrificare tutto pur di stare così, senza sentire più niente.

Beh! Non è andata proprio come speravo. Anzi. Ero un ragazzino e la mia vita era ferma, chiusa tra le quattro pareti di una cella. Lontano dai colori.

Ho deciso che dovevo cambiare qualcosa dentro di me. Ho ricevuto un’occasione e l’ho colta. Un assistente sociale del carcere mi ha proposto di entrare in comunità. Sono arrivato a San Patrignano.

Ho dovuto aprire gli occhi. Ho capito perché sono sempre scappato dalle difficoltà, perché ho sempre allontanato le persone che mi creavano problemi. Ho visto me stesso da un altro punto di vista, e al posto di scarabocchi, di segni senza senso, ho visto il disegno più bello di tutti: il mio autoritratto. Con il tempo, con i consigli degli altri, tutto ha cominciato ad avere senso, anche le cose sbagliate della mia vita. Ho deciso finalmente di affrontare me stesso, di costruirmi una vita e di tirare fuori le cose belle che avevo dentro, mettendole a disposizione degli altri.

Oggi disegno i cartoni animati sulle vetrate dell’asilo di Sanpa, la Chiocciola. Ci metto anche ore, per creare delle composizioni giganti a seconda della stagione e dei gusti dei ragazzini. Loro mi chiedono e io gli disegno i vetri come vogliono loro. È un po’ come un gioco, anche se io mi sento come il loro pittore. Ho ritrovato nei loro occhi quello stupore che, da ragazzino, mi faceva amare quello che facevo. E disegno quello che sento, quello che provo. Mi piace pensare che disegno i sogni della gente.

Che cos’è per me un disegno? Beh, io vivo questo mio talento come una cosa che può riempire la vita sia a me che alla gente che mi sta intorno. Io disegno per questo, per rendere migliore la vita di tutti. Sono Pronto a lottare per fare ciò che amo, per realizzare i miei sogni. Questa volta ho un disegno che porto nel cuore e voglio realizzarlo, per stupirvi tutti.

Dario

Tratto da “SanpaNews”. Scopri come abbonarti.