Potevo anche non avere niente, ma in fondo avevo tutto. È così che ci si sente; quando c’è lei, tutto il resto perde importanza. La roba era diventata il centro della mia vita, l’unica priorità. Così i pomeriggi preferivo passarli da solo. Avevo una ragazza, degli amici, ma la mia vita sociale non mi interessava più. Spesso preferivo chiudermi in casa, a guardare film d’autore, ad ascoltare buona musica. E a disegnare.
Ogni tanto mi mettevo lì con la musica accesa e prendevo spunto dai miei fumetti preferiti. Con penna e matita, quasi sempre in bianco e nero. Amavo quei disegni, li ricopiavo a modo mio. Quando disegnavo non pensavo a niente, staccavo il cervello. Almeno credevo. In realtà erano i pochi momenti in cui esprimevo davvero quello che avevo dentro.
Così, nei miei silenzi, io riportavo sulla carta i miei stati d’animo. Coloravo, tracciavo linee. Di certo non mi è bastato questo per tirar fuori tutto quello che avevo dentro. Ma quando ho ritirato fuori i miei disegni, in Comunità, mi sono reso conto di quello che facevo allora. Ho rincontrato i miei demoni; ho visto la loro ombra, al di là di quel foglio bianco. Era quello che provavo allora; sentimenti enormi, terribilmente forti, che io nascondevo dietro quei personaggi.
Disegnerò ancora, perché mi piace. Adoro ancora il rapporto silenzioso che avevo con me stesso, in quei momenti. Ma oggi forse capisco quello che accade veramente. Pensavo di disegnare, di staccare il cervello per un po’. Oggi capisco che cosa può fare il disegno nell’anima delle persone.
Max
Tratto da “SanpaNews”. Scopri come abbonarti.