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La forma dei sogni

Non riuscivo mai a trovare una soluzione per sentirmi meglio. Anzi. Ogni volta che qualcosa andava male, io cercavo di farmi ancora più male, di entrare ancora di più nell’oblio. E non vedere più niente

“Chiedi una mano”, dicevano i miei, “Parlami”, diceva Teresa, la mia insegnante di arte. Ma voi capite come sto? Sapete davvero cosa ho dovuto sopportare? E sentiamo… voi cosa fareste al posto mio? Mio padre se n’è andato quando ero piccola. Non ricordo un giorno di serenità in casa: mia madre stava sempre male, i miei fratelli stavano sempre per i fatti loro. I soldi non c’erano e l’unica cosa a cui pensavo era stare lontano da loro il più possibile. Già alle elementari trovavo ogni pretesto per non tornare a casa. “Vivici tu” ho risposto a Teresa. “Vivila tu la mia vita” ho risposto a tutti quanti, “E vivila meglio di me, se ne hai voglia. Io non ho voglia di vivere”. La verità è che quando vedi solo i cocci della tua vita distrutta non hai voglia di metterla a posto. Ti senti uno schifo, non hai nemmeno voglia di iniziare. Non ero solo io, tutto andava male. Che senso avrebbe avuto chiedere una mano? Per ogni cosa che sarei riuscita a cambiare, ce ne sarebbero state altre dieci a buttarmi di nuovo giù. Così ho deciso di buttarmi giù da sola. E l’ho fatto.

Oggi non ragiono così. Oggi ho due figlie bellissime, un compagno e ho ricostruito il rapporto con la mia famiglia, che per fortuna è tutta un’altra cosa. Ho voglia di lottare per queste cose e non mi arrenderò più a quell’oblio. Perché non sono “cose”: sono parti della mia vita, tutte più o meno importanti. E se mai dovessi scendere a compromessi, e perderne anche solo una… tornerei indietro. Perché significherebbe che quel compromesso mi fa perdere me stessa. Ma devo ammetterlo, Sanpa mi ha permesso di riavere tutto. Me lo sono costruita, passo dopo passo, e credetemi: ci sono stati giorni in cui ho pianto come una matta. Perché in qualche momento non avevo mia figlia con me, altri momenti in cui mi rendevo conto, di essere una bambina di tredici anni nel corpo di una mamma di ventitré. Non è stato facile. Ma non c’è stata nemmeno una volta in cui ho pensato di buttarmi giù, o di tornare indietro. Perché quando ricominci a mettere i cocci in ordine, quando inizi a ricostruirla, quella vita che avevi distrutto ricomincia ad avere senso. Non è come le favole cinesi. Puoi mettere a posto quei cocci anche con l’oro, ma alcuni li perdi per strada. Non li ritrovi mai tutti i pezzi del puzzle. Ma la vita è lunga, e nei buchi che avevo nell’anima, ho messo altri cocci che ho trovato lungo la mia strada. Il mio ragazzo, il mio nuovo lavoro. E non pensavo che calzassero così bene, proprio lì dove mi faceva male. E sono felice, perché vedo il risultato finale. So che adesso che sto ricostruendo, non torno più indietro. Non mi butto più giù. E quei cocci su cui mi tagliavo lo sguardo oggi hanno un senso, una forma. La forma dei sogni che sto realizzando.

Saadia

Tratto da “SanpaNews – voci per crescere” n° 59 – agosto 2021