Sentirmi vera, sentirmi viva

Un concerto d’estate, sotto le stelle. In un borgo bellissimo e suggestivo della Toscana. Mi guardavo attorno commossa, incantata da tanta bellezza. Ero piccola ma ricordo ancora quella emozione. Mi era entrata dentro, come tante altre del resto.

Ho sempre provato emozioni forti e intense, fin da bambina. Mi perdevo osservando cose diverse dagli altri e sentivo che spesso non mi capivano e non condividevano con me i loro pensieri. Erano assorbiti da altro: dalle scarpe che Luisa aveva comprato, dal lavoro dei genitori di Francesco, dall’ultimo discorso che Paola aveva fatto a Chiara. Iniziai a sentirmi sbagliata e inadeguata, non mi sentivo parte di niente, non mi sentivo considerata. Odiavo il mio essere così sensibile, il mio modo di vivere e sentire tutto ciò che mi circondava. Volevo essere un’altra, volevo essere diversa. Quando mi capitava di conoscere bambini simili a me, restavo sorpresa, incredibilmente confortata nel sapere che altri sentivano le cose come le sentivo io. Alla fine non riuscivamo a proteggerci abbastanza dalla forza delle nostre emozioni e soprattutto dalla prepotenza di chi non le provava. Ci allontanavamo comunque, alla ricerca di qualcosa che riempisse il nostro desiderio di conoscere, di meravigliarci. A volte era troppo. Spesso troppo poco. Soprattutto per me. All’età di quindici anni ho iniziato ad avvertire sempre più frequentemente un senso di insoddisfazione, incapacità, vuoto. Andavo benissimo a scuola ma non mi bastava. Avevo le mie amicizie ma non mi bastavano. Anche l’amore della mia famiglia non mi bastava. Era sempre nel cuore quell’inquietudine che mi portava ad altro. Ero alla ricerca di soluzioni che fossero totali, assolute. Mi gettai nel sapere e ampliai la mia cultura leggendo, spaziando dalla filosofia alla fisica; il vuoto restava. Provai con lo sport ma oltre alle sensazioni e all’adrenalina delle prime volte non c’era nulla. Tentai di trovare pace nelle camminate in mezzo ai boschi, provai a seguire dei gruppi che si rifacevano alle dottrine orientali ma restavo delusa. Anche con gli amici, con i rapporti c’era sempre qualcosa che mi infastidiva, mi sentivo lontana, mi sentivo sola. Dopo l’entusiasmo per la novità e lo slancio iniziale, tornava la tristezza. Avevo il deserto dentro. Per curiosità e capriccio provai le sostanze. Quando compresi che mi aiutavano a superare tutto non le ho più abbandonate. Non credevo più in niente e la leggerezza che mi procuravano mi faceva dimenticare il peso che mi portavo dentro. Erano per me l’unica dolcezza in mezzo a quell’amarezza. Ero in grado grazie a loro di sopportare tutto, di vivere e stare nel mezzo di ogni situazione, stato d’animo, emozione. Mi sembrava di muovermi agile e leggera tra esseri e cose, di non essere più attaccabile. Se un mio compagno di classe mi prendeva in giro ci restavo male, sì, ma le sostanze mi proteggevano creandomi uno scudo, una corazza d’indifferenza. Allo stesso tempo però, mi toglievano completamente la capacità di provare emozioni per qualsiasi cosa: se un mio amico condivideva con me il racconto di un viaggio, di un’esperienza nuova, sorridevo e cercavo di dimostrarmi partecipe. La verità era che non me ne importava niente. Apatica e indifferente avevo rinunciato alla mia sensibilità, al lato profondo e umano che mi apparteneva. Ero incredibilmente distante da tutto e sopra ogni cosa, ero lontanissima da me stessa. Mi ero procurata un’anestesia prolungata, sicuramente per non dover affrontare la sofferenza, ma il prezzo era troppo alto. Se non si sente il dolore non si sente la gioia, né l’entusiasmo e neanche la felicità e la pienezza. Semplicemente non si è vivi. La vita, la vita vera non è distanza dalle proprie emozioni e dai propri sentimenti, non è neanche un tentativo di controllarle e gestirle quelle emozioni e quei sentimenti, ma è la capacità di starci nel mezzo, di affrontarle con consapevolezza e coscienza. E con responsabilità. La libertà comporta responsabilità faticose, altrimenti non si è liberi. Sto imparando a vivere, a trovare il mio valore nella capacità di essere me stessa in relazione agli altri. Custodisco gelosamente pensieri, emozioni, sensazioni, sentimenti, e la mia diversità, consapevole che in ciascuno di noi risiede un infinito valore. La vita in comune mi insegna che quanto più discendo in me stessa tanto più trovo gli altri e quanto più mi apro agli altri tanto più approfondisco me stessa. Questo significa vivere. Una vita ricca. Una vita vera.

Ivana
Tratto da “Sanpanews – Voci per crescere” n° 71 – agosto 2022