Chi ero chi sono

Un tuffo nel passato attraverso i ricordi per non dimenticare mai chi ero. Un presente conquistato con tanta fatica e che difendo ogni giorno, orgogliosa della persona che sono

Mi guardo intorno, strizzo gli occhi e cerco di mettere a fuoco ciò che mi circonda. Un materasso sfatto buttato a terra, cenere e mozziconi di sigarette ovunque. Polvere, avanzi di cibo e qualche goccia di sangue. Dove sono? Non c’è nessuno in questa stanza, ho un mal di testa assurdo e sento le tempie pulsare. Non riesco a ragionare. Non mi ricordo niente, non so come sono finita in questo posto, non so con chi ero e cosa ho fatto. Odio questa sensazione. Solitudine, tristezza ma anche rabbia. La porta si apre di colpo, entra D. ed inizia a urlare e sbraitare: “Alzati subito!”. Non capisco, mi sono appena svegliata, guardo l’orologio, sono le cinque di pomeriggio. “Le cinque di pomeriggio???”. Mi rendo immediatamente conto del danno che ho combinato: due ore prima mi dovevo incontrare con il mio spacciatore per un carico molto importante, che mi permetteva un’entrata di denaro cospicua, che mi serviva a tutti i costi. Mi alzo di scatto, guardo D. e vedo la rabbia, la disperazione nel suo sguardo. rendo il cellulare, quindici chiamate perse. Chiamo il tipo, non risponde. Richiamo, niente. Chiamo ancora, scatta la segreteria telefonica. L’ansia mi stava pervadendo e inizio a tremare. Non solo per i soldi, ma per quello che mi avrebbe fatto D.: mi avrebbe riempita di botte, come faceva spesso. Perdeva il controllo e diventava aggressivo. Mi guardo allo specchio, capelli spettinati, occhiaie nere come l’abisso, sporca, sguardo freddo e occhi spenti. Ho la maglia strappata, i pantaloni bucati, la mente vuota. Non riesco a guardarmi più di un paio di secondi. Devo annullare il dolore che sento e fare tacere quella voce dentro la mia testa, fastidiosa, opprimente. Inizio a frugare ovunque, nelle tasche, nella borsa, nei cassetti. Ci deve essere una dose da qualche parte, voglio spegnermi, dimenticare tutto. Ma la M dose non c’è, il tipo non risponde e D. sta arrivando verso di me, con passo pesante, occhi sgranati e tanta rabbia da sfogare. Un tuffo nel passato attraverso i ricordi per non dimenticare mai chi ero. Un presente conquistato con tanta fatica e che difendo ogni giorno, orgogliosa della persona che sono Mi guardo allo specchio, capelli spettinati, occhiaie nere come l’abisso, sporca, sguardo freddo e occhi spenti. Ho la maglia strappata, i pantaloni bucati, la mente vuota. Non riesco a guardarmi più di un paio di secondi frammenti di specchi 18 52 storie Mi sento appesa ad un filo sottile che collega due dimensioni, due mondi troppo conosciuti. Uno è sporco, buio e triste, ma dove è molto più semplice annegare nel proprio dolore invece di rimboccarsi le maniche per lottare contro i demoni che ci mangiano dentro. Ci divorano, ci uccidono lentamente strappandoci l’anima e portandocela via un pezzo alla volta. L’altro è un mondo stupendo pieno di gioie ma fatto di fatiche. I grandi lavoratori non si arrendono al primo ostacolo, non si tirano indietro davanti alle difficoltà. Cammino su un filo sottile e sono consapevole che un passo troppo veloce o troppo lento mi potrebbe fare precipitare in una realtà finta, fatta di illusioni e sopravvivenza. Il filo spinato buca i miei piedi, la paura blocca il mio cuore. Il dolore è il sentimento più puro e inconfondibile, siamo abituati a sentirlo. La mia sete è insaziabile, voglio distruggermi al più presto. Vivo una vita fatta di attimi artificiali, momenti che ti rubano il respiro lasciandoti cadere nel nulla. Sento la pressione nel mio petto, un sasso sul cuore e confusione nella testa. I miei giorni non hanno alcun senso, faccio passare le ore senza dare un reale valore al tempo. Mi sento schiacciare dalle mie emozioni negative che spesso mi fanno sentire ancora più sola. Sheila

Tratto da “Sanpanews – Voci per crescere” n° 68 – maggio 2022