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Un mare che si specchia nel mare

I miei incubi sono un susseguirsi di strade buie, lampioni e palazzoni. Mentre i giorni e le notti trascorrono sempre uguali, sempre nello stesso stato. La cocaina ti risucchia, vivi in un vortice che annulla ogni emozione, ogni pensiero. E in questa spirale ti illudi di andare avanti

Queste strade, questi palazzi e queste luci mi hanno accompagnata ovunque. Da Roma a Pescara e infine a Barcellona. Era come se mi portassi addosso gli stessi errori del mio passato e le grosse cicatrici che mi sono fatta ancora ben visibili! Nessuno può cancellare quello che è stato ma oggi lo so, ognuno può conviverci e sperare di essere un giorno una persona migliore. Ho cercato lo sballo ogni giorno, per quindici anni, pensavo di trovare nuove emozioni, ma in realtà ero sempre lì. Il declino è stato lento ed è durato un bel po’. Finché non arrivi a toccare il fondo, lo raschi e non sei mai soddisfatto. Vorrei dire che tanti anni di strada mi hanno insegnato qualcosa ma non è vero! Oggi sto cercando veramente di imparare a stare al mondo, anche se a volte mi sento troppo grande per cambiare. So benissimo che non è così, per questo mi rialzo dal mio sconforto e affronto tutto con una forte risata. Anche per smentire chi mi dava per spacciata e non credeva più in me. Mi capita spesso di pensare a quei posti, a quei luoghi della mia vita passata. Penso a quante volte ho visto quella strada, piena di locali, da una delle tante finestre di quell’ospedale. Mi ricordo che vedevo il mare nei diversi colori della giornata e delle stagioni. Quel mare che mi spaventava tanto, perché ogni volta che lo guardavo, mi portava a pensare a tutto quello che cercavo di scacciare. D’inverno stavo al caldo, guardavo la gente dormire negli angoli delle strade. Fissavo la finestra e pensavo: “Chissà gli altri, stanotte, in quale casa saranno andati. Chissà quando arriverà il mio tipo. E con quanta roba verrà qui”. D’estate invece sentivo il suono dei locali, vedevo tanti taxi che andavano e venivano. Mi facevo mille domande su dove andasse tutta quella gente, anche se in fondo cercavo solo di scacciare l’ansia, inutilmente. Onestamente pensavo solo ad evadere, a non pensare a quello che mi stavo perdendo stando lì. A un certo punto, per altri motivi, sono stata costretta a quel letto di ospedale. Sarà stata la solitudine, la noia, o forse tutto quello che avevo dentro. Un mare che si specchia nel mare, quello vero però. Era una vita che non volevo ascoltarlo, eravamo stanchi tutti e due. Quel mare che vedevo dalla finestra mi dava forza, lo studiavo in tutti i suoi colori. Non c’era più la strada e i soldi facili, ma la voglia di poter tornare di nuovo a vivere. Più che altro, forse, stava nascendo la consapevolezza: non potevo continuare in eterno, dovevo fermarmi. E forse un giorno non ce l’avrei più fatta. Se devo essere sincera non è tornata subito questa voglia ma lì c’è stata la scintilla. Ed è proprio questo che mi mantiene ancora qui a Sanpa: la voglia di vivere. C’è ancora tanta paura in me ma arriverà un giorno in cui tornerò a passeggiare su quella spiaggia, guardando quel mare che ho ignorato, odiato, amato e poi rimpianto. Quel giorno potrò assaporarlo come non ho mai fatto. Potrò sentire l’odore del sale e gridare al Mediterraneo che sono qui. Che i palazzoni, le piazze, i parchi e le vie del treno buie, le botte, le urla e gli insulti ormai sono parte del passato. E, ad alta voce, gli prometterò che non guarderò più quel mare con angoscia e paura di essere sola… ma con la consapevolezza che c’è qualcosa di buono. Anche in me.

Articolo di Sarah tratto da “Sanpanews-Voci per crescere” N° 65 febbraio 2022
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