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Graffiti & Arte – A Lisbona con il Progetto Transformers

Qualche fermata di metro, fiore all’occhiello di Lisbona, due fermate di carris (autobus su rotaie) ed eccoci fuori da Casa Pia, una scuola per ragazzi dai 6 ai 12 anni destinata a soggetti svantaggiati provenienti da famiglie a basso reddito della città. La cosa che ci colpisce non è tanto l’abito di questo quartiere, esplicitamente popolare e di periferia che nonostante tutto ha la capacità di dipingersi di rosa all’ora del tramonto come ogni angolo della capitale portoghese, ma il fatto che all’ingresso ci sia una guardia con tutti gli strumenti del mestiere che ci blocca all’ingresso.

Questo ci ha dato subito la misura del contesto difficile in cui questa scuola opera. Poi Joao, il nostro amico del Progetto Transformers, fa capolino per farsi riconoscere e tutto a posto, via libera, possiamo entrare.

Perché è proprio qui, in questa zona a rischio e in questa struttura che i Transformers sono riusciti ad approdare proponendo una bellissima iniziativa dedicata ai ragazzi dagli 10 ai 12 anni: un laboratorio di graffiti.
Iniziamo la visita dello stabile, una costruzione dei primissimi del ‘900 che, nonostante la fatiscenza, mantiene vivo tra le mura il ricordo di una Lisbona benestante. Le pareti del cortile esterno sono decorate con gli azulejos, le famose piastrelle di ceramica portoghesi, e le scalinate ampie, in marmo pregiato e scorrimani di ferro battuto artistico, ci portano al piano di sopra dove il laboratorio è in piena attività.
Qui incontriamo Miguel e Paulo, due dei tutor del Progetto e insegnanti in questo corso. E seduti sui banchi, a trafficare con matite e fogli da disegno ci sono otto ragazzini. Certo, anche Paulo e Miguel, entrambi 22enni, sono giovanissimi, ma la nostra attenzione viene subito catturata da questo gruppo misto, che ci saluta con riserbo, ad occhi bassi, ma non smette la propria attività nemmeno davanti a degli estranei.

Joao ci presenta, spiega chi siamo, racconta qualcosa del Progetto WeFree ma quando chiede se ci sono domande, tutti si ritirano nella loro arte e nei loro sogni. Ci sediamo tra i banchi in mezzo a loro e stiamo lì.
Oggi è una giornata speciale per questi ragazzi, che in totale sono 10 ma due sono assenti. Devono presentare ai loro tutor un progetto per ‘graffittare’ una parete estrena della scuola. Solo tre di loro passeranno la selezione. L’aula è molto animata, i ragazzi chiedono consiglio, altri sbruffano, molti cancellano e ci riprovano, qualcuno strappa il foglio e ricomincia.

E mentre il tempo passa e la consegna si avvicina, li lasciamo tranquilli e facciamo due chiacchere con Miguel, uno dei due tutor.
“Questo è il primo anno che riusciamo a portare qui questo progetto. Ne andiamo fieri. I ragazzi sono 10, e hanno avuto accesso al corso dopo una selezione, sono arrivati quelli che hanno mostrato un certo talento nel disegno e nella creatività. Se ne sono presentati tantissimi al provino, tutti alunni di questa scuola, ma purtoppo non ne abbiamo potuti prendere più di 10 perché non abbiamo abbastanza fondi. Abbiamo avuto 360 euro per tutti i nove mesi. E ognuno di loro ha in dotazione 3 bombolette spray che devono durare per tutto il tempo del corso, compreso il murales finale che faranno”.

Miguel chiede scusa un attimo e si alza. Si avvicina ad una ragazzina. Lei le dice qualcosa che logicamente non capiamo, ma il suo linguaggio del corpo è molto più esplicito di qualunque traduzione. Prende il suo blocco, strappa il foglio, lo accartoccia più che può e lo lancia in un angolo, in terra. ‘Per noi puoi anche andartene se fai così’, le dicono sia Paulo che Miguel. Lei sbatte tutto e si siede senza pronunciare una parola.
Miguel torna da noi.
“Anche se noi vorremmo i corsi pieni zeppi di ragazzini, in fondo credo sia un bene che nei nostri corsi i ragazzi non siano mai troppi. Avete visto anche voi, non è sempre facile avere a che fare con loro, ma è giusto non mollare mai e dedicargli la massima attenzione. Perché se si vuole tirare fuori il meglio di loro, noi per primi dobbiamo dedicargli il nostro meglio”.

Miguel sorride e torna al lavoro. ‘Ragazzi tra 5 minuti si consegna’, dice. Ma prima di ritirare i disegni, va in un angolo della stanza e si abbassa in terra. Raccoglie qualcosa. E’ un foglio, quello accartocciato della ragazzina di prima. Lo riapre, lo stende, cerca di recuperarlo e mentre lei sta per imboccare la porta per andare via, Miguel lancia un’occhiata a Paulo, che la raggiunge e le dice che per lei la scadenza di consegna è stata spostata. Ha ancora una settimana di tempo. Ha ancora una possibilità. E lei resta in mezzo agli altri, non va più via.

Prendiamo i nostri zaini, la telecamera e le giacche. Prima di andare via facciamo qualche scatto. Perché ci teniamo proprio a portare a casa questo pomeriggio in questa Lisbona periferica, dove le ragazzine hanno negli occhi sia sogni che sconfitte, ma dove c’è ancora qualcuno pronto a dargli una mano, sempre pronto a dirgli che la nostra vita dipende da noi.