Lo zaino e la testa sulle spalle

Non so cosa dei due pesasse di più quel giorno. Era il 24 dicembre quando decisi di entrare in comunità. Non una comunità qualsiasi. San Patrignano.

Conoscevo quel posto solo per sentito dire. Qualcuno mi aveva detto che funzionava, che era una buona occasione per cambiare vita. Dunque presi l’aereo. Ero decisa. Volevo farcela. Non ne potevo più di trascinare in giro quella che ero diventata.

Lo zaino era carico di cose che racchiudevano tutto il mio malessere. Era pesante. Tanto pesante, ma mai quanto la mia testa. Era sommersa di pensieri e di dubbi. Ci sei riuscita? Stavo facendo un passo troppo grande?

Forse ero destinata a restare così, a morire ogni giorno di più sulle strade. A restare sola, insomma. Ero agitata, nervosa. Me la stavo raccontando, come sempre. Ogni volta che l’astinenza iniziava a farsi sentire, crollavano tutte le buone intenzioni. Stava succedendo anche ora. La testa appesantita stava per esplodere. La sentivo arrivare e con lei i ripensamenti e la voglia di farmi.

Ma ero su quel maledetto aereo. E non potevo fare niente. Stavo male, malissimo. Mi sarei buttata giù pur di non sentire più quel dolore insopportabile ai muscoli, quei brividi che ti fanno venire voglia di strapparti la pelle, così forti che toccano l’anima fragile. La mia testa era sempre più pesante. Mi sembrava di impazzire. Poi mi voltai e vidi una cosa che non vedevo da anni: lo sguardo di mia madre che mi osservava fiera e gioiosa per la decisione che avevo preso. Era uno sguardo di incoraggiamento e compiacimento che spuntava da un volto distrutto e ferito da anni di delusioni e drammi famigliari. Mi sorrise. Un sorriso che non c’era più, spento da tutte le vicende, ma pronto a tornare per un buon motivo. Quel giorno, su quell’aereo, il motivo c’era. Ero io.

Era la possibilità che mi ero data di tornare a vivere. E lei era lì. La mia mamma era lì, pronta a darmi forza e a sostenermi. E’ stata una delle poche volte in cui l’ho vista veramente fiera di me. Il suo sguardo trasmetteva pace. Spesso ripenso a quel viaggio. Sono passati ormai due anni e ringrazio mia madre perché, nonostante tutto quello che ho fatto, ha sempre creduto che un giorno avrei preso coscienza, avrei avuto la forza di dire basta e di alleggerire quella vita così pesante che mi trascinavo dietro.

Come quello zaino che portavo sulle spalle, quando sono salita su quell’aereo per arrivare qui.

A San Patrignano.

Articolo di Jessica, tratto da “Sanpanews-Voci per crescere” N° 15, dicembre 2017
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