Cinque “breaker”, cinque ballerini di break dance, si posizionano in mezzo alla pista da ballo.Sono i miei allievi! Ci siamo allenati tanto insieme per essere qui a San Patrignano. Tra poco iniziano e ad assistere allo spettacolo ci sono gli studenti in visita, in occasione del WeFree Days
Due scratch, la musica parte e con lei parte Prince, il primo breaker, che inizia a roteare per terra. Gli studenti applaudono, spalancano la bocca. Questo trick di ballo si chiama “elicottero”, e lui lo fa veramente bene. È diventato bravissimo. Mi ricordo quando gli ho chiesto di unirsi al nostro gruppo, era un ragazzino, un “naufrago” di quattordici anni. Ballava di fianco ai binari, alla stazione di Roma Termini.
Mi chiamo Angela, ho fondato la crew dei Termini Underground. Un gruppo di ragazzi provenienti da tutte le parti del mondo, come Afghanistan, Ruanda, India, Russia, Albania, Sudan, che hanno iniziato ad allenarsi insieme, a conoscersi, a ballare, cantare, a interpretare opere teatrali. Ragazzi con delle doti sensazionali, che passavano il loro tempo nascosti nella stazione di Roma Termini. Perché non sapevano dove andare. Perché volevano ballare. Perché cercavano qualcuno che ballasse con loro.
È curioso come io sia finita là sotto. Sono passati tanti anni. In quel periodo stavo dando una mano a un coreografo hip hop per uno spettacolo, una sua giovanissima ballerina cubana spesso si assentava dalle prove e un paio di volte avevo sentito dire che la trovavano al mattino presto alla stazione Roma Termini ubriaca e “fatta”. Una mattina alle 4 il telefono mi ha svegliato. Erano i ragazzi del gruppo, mi hanno chiesto di aiutarli a recuperarla, perché era messa male. Non so perché, ma non ci ho pensato un attimo. Mi sono vestita e sono uscita nel buio della mia Roma. Così sono andata alla stazione Termini ed ho visto con i miei occhi. Stavano ballando, erano bravi, ma si vedeva che erano stravolti, stanchi, naufragati lì da chissà dove. Sarebbe stato più facile voltarmi e farmi gli “affari miei”. Ma non ce l’ho fatta.
Cosa potevo fare? Cosa sapevo fare, cosa potevo mettere a disposizione di questi ragazzi? Non ero ricca, non ero potente, non ero importante. Ero solo una donna con un figlio a carico per giunta, che costruiva la sua vita giorno dopo giorno per offrirgli un futuro. Però sapevo ballare, questo lo sapevo fare davvero e il teatro era sempre stata la mia casa. Era tutto quello che avevo. E se questo aveva dato senso alla mia vita, poteva funzionare anche con loro. Così mi sono buttata. Ho aperto le porte del mio mondo e loro sono entrati.
Da anni i Termini Underground partecipano come experience ai WeFree Days. Ogni anno portiamo qualcuno dei nostri ragazzi a San Patrignano, durante l’evento, per ballare con gli studenti, ma anche per incontrarli, parlare con loro, per raccontar- gli un pezzo della nostra esperienza. Perché i nostri sogni sono potenti, possono salvarci da ogni cosa. Perché tutto quello che ci serve è già dentro di noi. Sono anni che Prince parla con i ragazzi, balla con loro, spiegandogli che il ballo per lui è un’arma per affrontare la vita. «Non avevamo un posto – racconta Price agli studenti – non avevamo insegnanti. A dirla tutta, ci sembrava che non ci fosse niente intorno a noi. Solo città e silenzio. Ho passato dei brutti periodi, non sapevo cosa fare, tutto sembrava marcio. In realtà tutto quello che mi serviva era dentro di me. Per me il ballo non era solo una passione. Era un altro mondo. Un mondo magico, una forza che scaturiva dalla mia anima e che mi aiutava ad affrontare ogni cosa. Così un giorno ho deciso che non ci sarebbe più stato nessun limite. Semplice- mente, ci siamo messi a ballare. Ballare ovunque, con chiunque, in qualsiasi momento, senza doversi sentire in dovere di chiedere il permesso. L’importante era ballare. Anche se sopra la testa c’era il trambusto dei treni in partenza o in arrivo, e gli unici spettatori presenti erano i passanti che obliteravano il biglietto. Ogni sera io e altri ragazzi ci trovavamo alla stazione di Roma Termini. Ogni sera qualche cassa pompava della musica hip hop, e io non potevo far altro che ballare con chiunque fosse lì con me. Poi un giorno è arrivata lei, Angela. Mi ha chiesto di seguirla. Mi ha chiesto di credere nei miei sogni, perché potevano cambiarmi la vita. Io non sapevo nulla della vita, ma sapevo bene quale era il mio sogno. Così mi sono buttato. L’ho seguita, e da quel giorno è cambiato tutto».
Angela
Tratto da “SanpaNews”. Scopri come riceverlo.