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Sono il loro PR

Una ragazza tiene il suo smartphone in mano verso di noi. Siamo tre maschi e sette femmine, stiamo facendo un selfie. Ci scattiamo una foto per postarla su Snapchat, su Facebook, per far vedere ai nostri amici quanto siamo fighi. Noi che la vita ce la godiamo alla grande. Ma attenzione: tutti questi ragazzi sanno chi sono io, ma io non ho idea di chi siano loro. È normale: sono il loro “PR”.

Ho sedici anni e ho imparato questo semplice meccanismo: più ragazzi porto in discoteca con il mio nome, più soldi faccio. Io sono quello che guadagna facendo un lavoro figo, quello che ti fa entrare in disco a un prezzo minore, che ti trova i tavoli, la lista. Io sono quello che tutti cercano il venerdì e il sabato sera, di fronte ai locali. Sono molto impegnato.

La reputazione per me è tutto: se un gruppo di ragazzi vuole una foto con me, devo dire di sì. Mi fanno pubblicità. Questo è il mio mondo. Saluto i ragazzi del selfie, esco dalla loro classe, cammino lungo i corridoi per andare verso il cortile. Oggi è giovedì, devo iniziare a chiedere a tutti cosa faranno domani sera. Non sono uno che si atteggia, anzi, voglio che tutti siano miei amici. Saluto quasi tutti, magari con un cenno o un occhiolino, riciclo battute geniali. A loro fa piacere che io gli dedichi attenzione. Loro sanno chi sono.

Arrivo fuori e vengo assalito dai piccoli. Ho dei “sottoPR”, ragazzini che portano persone in discoteca sotto il mio nome. Sono i miei segretari. È così che riesco ad avere un bel giro; a loro non lascio quasi mai soldi, entrano gratis e non pagano da bere. Già hanno portato qualche nome, ma gli dico che ne parleremo domani. Oggi devo lavorare, non posso perdere tempo con loro. Io ho una vita da portare avanti, non sono più un ragazzino: la gente si aspetta qualcosa da me.

Oggi in cortile ci sono tante persone che non conosco. Forse sono di un’altra scuola, sono in visita, c’è anche un pullman qua fuori; devo cercare di vendere più prevendite possibili, è il momento giusto. Parlo con i gruppetti più alla moda, quelli con le ragazze più belle, che sicuro portano tanta gente in discoteca. In dieci minuti vendo sei prevendite, sono un mostro. A un certo punto mi sento toccare da dietro. Ormai svengo.

È Laura, la ragazza di cui ero innamorato alle medie. Dio, è diventata bellissima. Quasi non la riconosco. E pensare che una volta neanche si accorgeva di me. La saluto, euforico, ci abbracciamo; poi ci sono i soliti convenevoli, come stai, come vai a scuola… «Ma scusa – chiede lei – cosa sei, un PR?» «Sì vendo le prevendite per la discoteca nuova…» «Aaah, ho capito… insomma, sei un tipo molto impegnato, pieno di amici… complimenti, lavori un sacco!» «Eh dai, ho molti affari per le mani… sai, se mai volessi uscire una sera, io potrei farti entrare gratis, in lista privée, con un tavolo tutto pagato…».

Ci guardiamo, sorridiamo. Sono passati anni ormai, stiamo crescendo, diventiamo ogni giorno sempre un po’ più diversi da quello che eravamo allora, a ricreazione. A pensarci, forse stavo meglio allora. A volte mi sembra di parlare come se avessi già trent’anni. «Guarda – mi ha risposto Laura, dopo una breve pausa – in realtà io non sono una da discoteca, sai… ho ancora sedici anni, mia madre mi vuole a casa per l’una… per esempio, questo sabato c’è la festa di compleanno di mio fratellino; vengono da noi anche Marco, Fabio, Silvia e tutti i nostri vecchi compagni di classe… avrei voluto invitare anche te, ma sei sempre così impegnato che ho lasciato perdere… ho pensato che ti saresti annoiato, con noi, il karaoke e i balli di gruppo…».

In quel momento ho perso di vista tutto quel personaggio, le discoteche, le prevendite. Pensavo solo che finalmente mi sentivo all’altezza di quella ragazza e che lei mi stava invitando a uscire. Ma non potevo. Avevo dei tempi da rispettare, degli accordi che avevo preso; c’erano dei soldi che mi aspettavano, persone che contavano su di me per entrare. Era come se ci fosse stato un muro di plastica trasparente a dividerci. Anche se ce l’avevo davanti, anche se mi sembrava che fossimo vicini, non sarei mai riuscito a toccarla.

Stavo quasi per dire qualcosa, per mandare tutta la mia vita all’aria, quando in mezzo a noi arrivano quindici ragazzine, per confermare la loro prevendita: «Allora ciao, a domani sera, noi ci siamo eh!! Entriamo in lista con lui, ragazze, che ci fa risparmiare due euro a tutte quante!! Lui è un PR!! È un grande!! Dai, venite tutti qua che ci facciamo un selfie con lui!!». In dieci secondi mi sono ritrovato immerso da ragazzi e ragazze, gente che non conoscevo, a cui dovevo qualcosa. E mentre facevo quel selfie, guardavo Laura risalire sul pullman per tornare alla sua scuola. Non so bene cosa dire di quel giorno; non ho una morale, perché poi sabato sono andato in discoteca. O meglio, sono stato davanti a tutti e due i locali, a far entrare le persone. Ma se riguardo quel selfie, ogni volta ricordo bene dove stavo guardando io. Eppure ero lì, in mezzo a loro; dove la gente si aspettava che fossi.


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