“Bisogna avere ancora un caos dentro di sé per generare una stella danzante” (Friedrich Nietzsche)
Mi sento oppresso dagli sguardi. Avverto i loro giudizi che pesano su di me come macigni. Io che non posso permettermi di deludere. Io che devo stupire e lasciare tutti a bocca aperta, non mi posso permettere una prestazione mediocre. Vincere o non partecipare per nulla. “Essere superiore o non esserlo affatto, questo il nuovo dilemma”. Arrivo sul dancefloor. È il mio turno. Ballo. Non è come quando sono da solo, davanti allo specchio con la mia musica. Non sono solo. Ci sono occhi che guardano, mani che battono. Non sento più la musica, non mi vibra dentro, non è lei a guidarmi. Come un automa eseguo, meccanico, i miei esercizi. Input – output. Non è danza questa. O meglio, non quella che sogno io.
Applausi. Sì, me la cavo, ma li prendo come non fossero miei. Io sono molto di più: sono emozione, sono creatività, sono passione, grazia, sono un ballerino e la danza è la mia linfa vitale.
Devo lasciarmi andare! Chissenefrega del giudizio! Chissenefrega degli altri. L’insicurezza, l’ansia da prestazione, l’aspettativa. Devo essere io, devo sentire, devo lasciarmi portare dalla musica.
Rientro. Stavolta sono solo io, la musica, lo specchio, la danza. Chiudo gli occhi. Sono proprio io. Mi lascio andare all’emozione. Volo. Voglio che il mondo sappia che sono io ed amo la danza.
Paolo
Tratto da “SanpaNews”. Scopri come abbonarti.