Se qualcuno ti svegliasse alle 4 del mattino e ti dicesse: “Guarda, c’è una tua collega di lavoro in stazione, fatta e ubriaca, che balla hip hop insieme a degli immigrati, ma non so chi siano. Vieni, andiamo a recuperarla”, che faresti?
A volte bisogna buttarsi per dare una svolta alla propria vita. Forse sono io che sono un po’ strana, che di lavoro faccio la coreografa per spettacoli, che vivo con una figlia a carico e che ancora mi assumo il rischio di credere nelle persone. Io alle quattro della mattina mi sono vestita, ho lasciato mia figlia in casa e sono andata.
Quando sono arrivata a Roma Termini albeggiava, ma due piani sottoterra nessuno se n’era accorto. Forse non se ne sarebbero accorti nemmeno se fossero stati all’aperto; non perché stessero male come mi aspettavo, ma per quello che stavano facendo. Erano così presi che ho cominciato a guardarli, senza farmi notare. Non mi aspettavo di trovare ciò che ho visto.
Ho visto dei ragazzi che ballavano. Ho visto dei ragazzi che non erano nessuno, che non avevano niente e che non sapevano nemmeno parlare bene la nostra lingua. Ma soprattutto, ho visto delle persone che non ci stavano. In quel momento vedevo persone che non accettavano la loro realtà, i loro problemi, l’assenza di soldi, di un lavoro e di un futuro certo. Ho visto sette ragazzi che ridevano in faccia ai loro drammi facendo l’unica cosa che gli piaceva fare: ballare. Ballare anche se non c’è un posto, anche se non si può, anche se non c’è un pubblico e non è il momento. Perché in fondo il posto c’era, anche il pubblico; e forse, anche se non si poteva fare, quello per loro era il momento migliore.
Probabilmente sono un po’ pazza, ma mi sono avvicinata e ho ballato con loro. Ho parlato con questi ragazzi, gli ho chiesto come si chiamavano e poi, come tutte le volte che mi faccio prendere con il cuore da qualcosa, non ho saputo dire di no. Li ho presi con me e ho fondato l’associazione A.L.I. onlus, conosciuta più semplicemente con il nome di Termini Underground.
L’obiettivo è questo: niente droga, niente violenza o illegalità. Solo ballo. La musica hip hop come mezzo di riscatto. I ragazzi di Termini Underground usano la break dance per trasmettere ai loro coetanei lo stesso messaggio che, con tutti i problemi che avevano allora, hanno insegnato a me quella mattina alla stazione di Roma Termini: CAMBIARE È POSSIBILE! RISCATTARSI E TROVARE QUALCUNO CHE TI AIUTI A TROVARE UNA SOLUZIONE AI TUOI PROBLEMI È POSSIBILE! È POSSIBILE SOPRATTUTTO PERCHÉ NOI L’ABBIAMO FATTO! E SE L’ABBIAMO FATTO NOI ANCHE CHI VIENE CON NOI PUÒ FARLO, NOI POSSIAMO FARGLI VEDERE COME SI FA.
Anche quest’anno saremo presenti a WeFree Days, l’evento che si tiene a San Patrignano contro ogni forma di violenza e di dipendenza. Il nostro workshop sarà uno spettacolo che riassume tutto quello che abbiamo fatto in questi anni. Noi. Le nostre coreografie. La musica di tutto il mondo. E la voglia di stare insieme a chi, come noi, ha deciso di non starci.