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Il Paese Dei Balocchi

Quindici minuti alla campanella.
Nascosta dietro la borsa, ripasso il trucco guardandomi nello specchietto. Rossetto rosa, allungo la linea nera sugli occhi, spingo le labbra in fuori e mi lancio un’occhiata seducente. Pronta ad uscire da questa classe di persone che non contano niente. Non le sceglierei mai per trascorrere le prossime ore. All’uscita di scuola andrò in cerca di un altro gruppo di ragazzi quelli “fighi”. Sono le loro attenzioni quelle che mi interessano. Tutta la scuola li conosce e il fatto che mi cerchino mi fa sentire che valgo, mi fa sentire qualcuno. Mi cercano proprio! Sarà che sono semplice e non rompo, sarà che sono bella e rido tanto.
Driiiiin! Mi avvio verso la porta e mi si affianca Adriano con sorriso e battuta sarcastica annessi. Secchione di prima categoria, occhialetti quadrati e tuta acetata blu e gialla di una taglia più grande, mi fa: “non me ne ero accorto che te ne eri andata dalla classe all’ultima ora”.
“Ma io ero in classe..” gli rispondo.
“Ah, non sei andata al salone di bellezza?”.
Sorrido, lo guardo. Riesce a farmi ridere, ma ci stiamo avvicinando al resto degli studenti e deve sparire. Nessuno mi deve vedere parlare con lui, nessuno mi deve più associare ad uno “sfigato”.
Ma lui continua: “Comunque stai bene anche senza prosciugare l’eye liner” mi distraggo non lo ascolto più. Guardo da un’altra parte. Ecco Nicholas! I suoi amici mi indicano e accennano sghignazzando al mio compagno di classe, così gli dico in fretta e un po’ scocciata “Ma che vuoi?” . Continuo a camminare e mi accorgo che Adriano non è più al mio fianco. Mi giro, si è fermato, stavolta c’è rimasto male sul serio.. Io.. Meglio così, almeno si leva. Nicholas è il mio ragazzo in questo momento. Non so molto di lui, certo non è un gran comunicatore, più che parlare facciamo l’amore e guardiamo i film in televisione. Sapete, non sono sempre stata così bella. Alle medie ero il classico prototipo della “sfigata”: bruttina, timida, pacata. I maschi non mi vedevano neanche, e le ragazzine erano avvoltoi in cerca di una preda. Ricordo che era il periodo in cui mio padre partì per chissà dove e mia madre cadde in depressione. Non c’era più nessuno, mi sentivo così sola.
Crescendo il mio viso ed il mio corpo sono cambiati completamente, ho imparato a truccarmi e vestirmi, la gente ha cominciato a cercarmi.
E’ stato come provare una droga buonissima. Ogni volta che un ragazzo mi chiama, mi sale l’euforia. Mi vogliono, finalmente vogliono me!

..Mi sembra di essere piombata nel paese dei balocchi..
Torno a casa. Mia madre sul divano, mio fratello Alberto sui suoi soliti libri. Mentre aspetto che si scongelino i polletti al microonde, sfoglio un opuscolo che trovo sul tavolo. E’ una sorta di guida per orientarsi nella scelta di una facoltà universitaria, sicuramente l’ha lasciato Alberto. Illustra moltissime possibilità: lettere, filosofia, sociologia, antropologia, e ancora chimica, biologia, e poi scienze politiche, economia. Niente. Non riesco a interessarmi, sono troppo impegnata a pensare all’appuntamento con Nicholas di questo pomeriggio. Più che altro penso e ripenso come non fargli capire che sono tutta un bluff. Mi sento a disagio, così cerco la mia zona protetta e mi piazzo davanti allo specchio. Immagino di essere in una di quelle situazioni in cui ho successo, una conversazione di gruppo, in cui non devo far altro che ridere e scuotere i capelli.
Mentre rido e scuoto i capelli incrocio il mio sguardo in quello specchio per la prima volta dopo tantissimo tempo.
E’ come uscire all’improvviso da uno stato di trance. Chi è questa ragazza? Perché ride, se non c’è niente che la stia divertendo? Le risate dovrebbero uscire spontanee, come quelle che mi facevo quando mio padre mi spiegava la geografia facendo il pagliaccio, quando ero piccola e brutta. Adesso cos’è che mi fa ridere veramente? Non lo so più, non so più cosa mi piace, so che mi piace piacere e tutto il resto non importa. Ogni mattina mi pongo l’obiettivo di sedurre e avvicinare persone che, a ben pensarci, non mi incuriosiscono né intrigano neanche un po’. A furia di impegnarmi per essere una che potesse piacere, ho smesso di essere. Di me non resta niente. Solo dei capelli morbidi ed un bellissimo sorriso. Completamente finto.
Tutta un’ illusione come in fondo lo è il paese dei balocchi.