Portare la street art nei quartieri difficili d’Italia. È l’obiettivo del progetto lanciato dal cantante Cesare Cremonini in collaborazione con l’artista Giulio Rosk e giunto alla terza tappa a Napoli, dopo Palermo e Roma
Quartieri nella morsa della criminalità e privi di bellezza urbana come di servizi. Il Ponticelli di Napoli, lo Sperone di Palermo e Roma Ostia: luoghi dove i più giovani pagano il prezzo più alto, scontrandosi con l’assenza di spazi e opportunità. Rioni dove la scuola rappresenta l’unica possibilità di emancipazione e incontro. Per questo proprio negli istituti scolastici ha preso vita il progetto “Io vorrei”, ideato dal cantante Cesare Cremonini e realizzato con la collaborazione dell’artista Giulio Rosk. Alla base dell’iniziativa c’è l’idea di portare bellezza e arte nei luoghi dimenticati delle città, permettendo ai bambini e ai ragazzi delle scuole coinvolte di partecipare a laboratori creativi per poi, sempre in collaborazione con gli istituti e considerando le loro necessità, avviare progetti di riqualificazione e recupero urbano. A rendere speciale il primo incontro con i ragazzi è certamente la presenza del cantante Cesare Cremonini: «È stato uno schiaffo capire che in alcuni quartieri — dice l’artista parlando con il Corriere — la presenza di uno famoso non solo è inaspettata ma la si ritiene impossibile: venire qui, anche se magari non mi conoscono, è un segnale di attenzione ai luoghi e alle persone, un tentativo di farli sentire speciali in un mondo in cui non pensano di poter essere al centro dell’attenzione». Un messaggio che molti dei ragazzi coinvolti sono stati in grado di riconoscere, come testimoniato dalla vicepreside del liceo Anco Marzio di Ostia Carla Gentili: «La sua presenza ha acceso gli studenti. Un exemplum vitae che ha stimolato riflessioni nei ragazzi. Dopo la sua visita un ragazzo mi ha detto che questo progetto gli ha dato forza emotiva e psicologica per aprire gli occhi e venire a scuola con un’altra consapevolezza». Al primo incontro nelle scuole, seguono laboratori in cui si cerca l’utilizzo di un multi-linguaggio nel quale musica, arte e parole si fondono dando vita ad esperienze creative e di riflessione. Nel plesso Petrone IC 88° Circolo De Filippo di Ponticelli, ad esempio, i bambini hanno sintetizzato in poche parole la loro percezione del quartiere. «Paura», «Non sicuro», «Il campetto non si può usare» sono alcuni dei pensieri raccolti. Successivamente, i ragazzi hanno provato a immaginare il rione così come lo vorrebbero, sovrapponendo a foto di angoli degradati, immagini colorate di spazi a loro misura. Sono così comparse altalene e parchi giochi al posto di strade piene di buche, cassonetti per la raccolta differenziata e campetti per giocare con gli amici. Idee che saranno presto valutate e in alcuni casi concretizzate con il finanziamento della costruzione di spazi in funzione delle richieste e delle esigenze dei singoli istituti, come una mensa, un cortile o aule studio per le attività pomeridiane. Intanto, ad aver già cambiato il volto dei quartieri toccati dal progetto è la comparsa di tre grandi murales realizzati al termine delle visite dallo street artist Giulio Rosk e che ritraggono tre ragazzi incontrati nelle scuole. A Napoli l’intera facciata di un palazzo è stata trasformata in un ritratto oversize di Raffaele, un ragazzino di undici anni che vive nel rione. Per realizzare le sue opere, Giulio Rosk ha trascorso una settimana in ogni quartiere: «La street art — racconta al Corriere — è legata alle realtà di periferia, a questi non-luoghi di cui conosco bene le problematiche ma anche il lato bello. Che può essere anche il dettaglio della signora che ti porta tutte le mattine caffè e brioche e magari ha il pigiama strappato… Accendere i riflettori fa emergere il bello delle periferie».
Articolo di Cristina Lonigro, tratto da “Sanpanews-Voci per crescere” N°69-giugno-2022
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