I giorni scorrono ad una lentezza indescrivibile, i prof si susseguono, e con loro le materie, ed è proprio quest’alternanza a dettare il ritmo che scandisce le mie giornate. Monotone è l’aggettivo che meglio le descrive, e grigio il colore che attribuirei loro
La prof sta parlando da troppo tempo, e proprio non riesco ad evitare che il mio sguardo vaghi per la stanza; questi quattro muri che da un po’ di tempo sono passati dall’essere una semplice camera al divenire il mio intero mondo.
La mia attenzione, come sempre, viene rapita da un oggetto in particolare, di per sé insignificante, ma all’interno del quale sto riponendo tutte le mie aspettative e le speranze ad esse connesse: il calendario.
È appeso al muro, esattamente sopra al computer dal quale sto seguendo la lezione, e proprio non riesco a smettere di contare i giorni che mi separano dall’inizio di quella nuova avventura che da settembre sto agognando. Mancano poco più di sei mesi all’esame. Dopo, tutto sarà diverso: nuova scuola, nuove abitudini, e nuovi amici.
Non ho certezze nei confronti di ciò che verrà, quello di cui sono sicura è di non stare lasciando nulla di cui mi importi più di tanto. In questi tre anni non mi sono fatta chissà quali amici, anzi, non credo di poter considerare nessuno dei miei compagni come un amico vero.
In realtà, prima che chiudessero le scuole, credevo che Anna potesse esserlo; chi lo avrebbe mai immaginato che bastasse “così poco” per far crollare tutte le mie convinzioni.
Da quando siamo costretti dietro a questo computer, io e lei non parliamo più tanto, e questo mi sta distruggendo.
Certo, capisco che a lei le videochiamate non piacciano e che le accrescano quella sensazione di nostalgia, però non lo condivido. Io ho bisogno di parlare, di sfogarmi, di ridere, e anche di piangere. Io, ora più che mai, ho bisogno di un’amica!
Probabilmente lei nemmeno se ne rende conto, e questo, forse, è anche colpa mia. Sono consapevole di parlare tanto, a volte persino troppo, la cosa triste è che nessuno si è accorto che in realtà non dico mai niente. Non mi ascoltano, e allora io ho smesso di “parlare”, di farlo davvero, e sono terrorizzata da quanto ora mi risulti facile chiudermi nella mia realtà.
È angosciante pensare che in un mondo in cui la capacità di comunicazione è una tra le qualità più ricercate, io sia stata silenziata, prima dagli altri, e poi da me stessa, ed ora il silenzio che mi circonda non lo trovo più assordante, e questo mi fa riflettere.
Abbasso lo sguardo e torno a focalizzare la mia attenzione su quello schermo, non mi concentro, però, sulla lezione, ma mi soffermo sulle singole caselle che raffigurano i miei compagni. Mi domando come stiano affrontando questo momento, e se anche loro si sentono soffocare dal vuoto che ci si è creato attorno.
Ma non glielo domando. Quindi cerco di convincermi con tutte le mie forze che vada bene così, e che, in fondo, avere tutto questo tempo da dedicare unicamente a me stessa sia esattamente ciò di cui ho bisogno. Per un’avida lettrice avere il permesso di trascorrere ore rannicchiata nella poltrona, avvolta dal profumo di una cioccolata calda, proteggendo fra le mani quel piccolo scrigno di fantasia, è un sogno, eppure mi scopro a pensare, sempre più spesso, ad Anna e a tutti quei momenti che trascorrevamo insieme. Mi manca, e non voglio più tentare di convincermi del contrario, perché io, di fingere di stare bene, mi sono stancata! Perciò le scrivo.
Prendo il telefono e ci butto dentro tutta me stessa, perché so che solo lei può proteggermi dalla paura del futuro, può distrarmi dalla passività di questa realtà, e può farmi sentire meno sola anche quando non ho nessuno attorno a me. Invio.
È come se la prof e i miei compagni fossero spariti e nello schermo fosse rimasto, solitario, il viso di Anna. Torno a respirare solo alla vista del suo sorriso, ora ci siamo unicamente io, lei e la nostra complicità.
Non è cambiato niente, ma per me è cambiato tutto.
Asia
Tratto da “Sanpa News – voci per crescere” n° 15