È da parecchio tempo che la mia vita è fatta di eccessi, sballo, caos, ma arriva un momento in cui devi fare i conti con la tua immagine riflessa nello specchio e renderti conto di cosa sei diventata, cercando di accettare ciò che vedi. Oppure…
Mi guardavo allo specchio e di me non mi piaceva più niente. Fissavo per ore quell’immagine sbagliata, trovando continuamente dei difetti da dover cancellare. Se avessi potuto farlo veramente, mi sarei resa invisibile. C’è voluto poco tempo per cadere in un tunnel ancora più buio della coca, della ketamina e delle pasticche. Quello dell’anoressia. Le mie endorfine erano così basse che vedevo tutto nero, soffrivo d’ansia e mi stancava fare qualsiasi cosa. Compreso andare a scuola. Smisi di andarci, mi era impossibile reggere le ore di lezione. Non riuscivo a concentrarmi, a stare attenta. Un vero disastro. Svenimenti continui, ricoveri e flebo. E poi la disperazione di mia madre, il disappunto di S., quello che allora era il mio fidanzato, quello con cui avevo fatto tutte le prime esperienze con quasi ogni tipo di sostanza. Non ero più la sua complice, non ero più in grado di divertirmi. Mi ricordo ancora le nostre prime feste, era come se lui riempisse metà del vuoto che portavo dentro e l’altra parte la riempiva la droga. Amore tossico e false illusioni, ecco di cos’ero fatta dentro. Pensavo di sentirmi viva, più di ogni altra ragazza della mia età, pensavo di aver trovato la soluzione a tutti i miei problemi e soprattutto di essere innamorata. Ma c’era qualcosa dentro di me che mi logorava, piano, piano. Quando mi ritrovavo da sola e mi guardavo allo specchio, ogni volta una piccola parte di me diventava qualcosa che non mi apparteneva più e diveniva completamente sconosciuta. Mi allontanavo da me stessa. Per non sentire quello che in realtà mi stava accadendo. Io e S. litigavamo spesso. E i motivi erano sempre gli stessi: soldi, droga, paranoie, bugie. Lui però aveva trovato come colpirmi ed io non come difendermi. Toccava tutte quelle parti di me che cominciavo a non riconoscere più, lo faceva per ferirmi ed era anche violento. Mi faceva sentire ancora più sbagliata e brutta. A volte speravo di diventare invisibile, cominciavo ad odiarmi. Ma cosa mi stava succedendo? Eppure ero piena di sogni. Ricordo ancora quando ci siamo conosciuti. Era estate. Le luci del tramonto erano bellissime e mi facevano brillare gli occhi di gioia e di speranza. Ero un’adolescente confusa, arrabbiata, con la presunzione di stravolgere il mondo e la propria vita. Stavo fumando una sigaretta in spiaggia; ero seduta sulla sabbia che non scottava più. Lui mi stava osservando da un po’. Finalmente si era deciso a sedersi accanto a me. È stato il dolcissimo inizio di un inferno senza fine. Ripensavo spesso a quella sera, durante i mesi passati chiusa in casa. Ero diventata uno scheletro: ossa lasciate sul divano e dimenticate. S. mi aveva convinta ad andare a ballare. Non ero per niente in forma, l’umore a terra, senza nessuna forza, così ho cominciato a tirare la coca per svoltare la serata. Ho esagerato, di brutto. Ero così debole fisicamente che non ho retto. Tremavo tutta, sudavo freddo e il battito del cuore aumentava sempre di più. Ero sicura di morire. Forse un po’ ci speravo. S. mi ha portata in bagno. Urlava come un pazzo contro di me, ma io vedevo tutto nero e sentivo suoni confusi. Poi credo di essere svenuta. Al risveglio ero in ospedale dove la prima persona che ho visto è stata mia madre. ‘Ho bisogno di aiuto mamma, io sto scomparendo’. Dopo qualche settimana mi sono messa in contatto con San Patrignano. Ora mi guardo allo specchio e finalmente mi riconosco. Non cambierei nulla di me, ho imparato a volermi bene, accettando i miei limiti. I miei occhi sono tornati a brillare di speranza e di sogni. Mi piace immaginare il mio futuro. A volte fantastico assieme alle mie compagne di Sanpa, descrivendo la mia vita piena di progetti impossibili. Ridiamo, ridiamo tanto. È bellissimo ridere di nuovo.
Luna
“tratto dal Sanpa News – voci per crescere” n° 44