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Il Ministro Fontana: “La droga fa schifo. Non capisco come mai dovremmo renderla accessibile. Stiamo monitorando i negozi di cannabis light”

Il ministro della Famiglia al forum istituzionale dei WeFree Days, una riflessione da parte della politica, del territorio, degli addetti ai lavori su prevenzione e recupero dalla tossicodipendenza

“La droga fa schifo”. Non ha usato mezzi termini il Ministro alle Politiche per la famiglia con delega alla droga, Lorenzo Fontana, oggi a San Patrignano in occasione della seconda giornata dei WeFree Days. All’interno dell’evento di prevenzione sostenuto da Lamborghini Trattori e che vedeva come media partner QN, il Ministro ha aperto il forum “Da 40 anni recupero, prevenzione, educazione: eroi o folli?” che riprendeva l’anniversario stesso della comunità. “Stiamo cercando di riattivare il dipartimento antidroga che dovrà fare molta strada anche insieme al ministero dell’Istruzione – ha spiegato il Ministro – Vengo da un quartiere che ha visto molti ragazzi venire qui a San Patrignano, ragazzi che venivano da famiglie difficili, alcuni miei compagni scuola, e proprio perché ho vissuto da vicino questo problema sento l’urgenza di combattere la battaglia contro la droga. Una persona che governa dovrebbe tentare di governare come un padre di famiglia, cercando di evitare che i figli facciano uso di droghe. Se una cosa fa male non capisco come mai dovremmo renderla accessibile. La realtà è che questo crea una sollevazione in una cultura dello sballo. Soprattutto devo dire che combatto questa battaglia perché c’era un ragazzino Andrea, che a dieci anni morì di Aids contagiato dal padre. Andrea era uno dei bambini con cui giocavo da piccolo. La droga fa vittime dirette e indirette e non potrò mai accettare, in nome del mio amico, che altri bambini facciano la sua fine. E’ importante che i ragazzi di San Patrignano ci mettano la faccia per far capire ad altri ragazzi cosa hanno passato e ringrazio la comunità per il lavoro che fa”.

Il Ministro che ha detto la sua anche in merito ai negozi di cannabis light, alla luce della ricerca presentata ieri a San Patrignano che ha messo in evidenza come da 20-30 grammi di cannabis light sia possibile estrarre una quantità di Thc alterante: “Ho chiesto all’Istituto Superiore di Sanità di vedere lo studio perché servono dei dati per far capire quali sono i pericoli legati alle sostanze vendute nei negozi. Stiamo monitorando la situazione. E’ questa chiaramente anche una battaglia culturale che faremo come istituzione e da realtà come voi che considero fondamentali”.

A sottolineare l’impegno del Dipartimento politiche antidroga il suo direttore, Maria Contento: “Fin dall’inizio anche con le poche risorse disponibili l’impegno del dipartimento è stato verso la prevenzione per salvaguardare la salute dei giovani. Per fare questo credo sia necessaria una sinergia tra le strutture che si occupano del problema per affrontarlo dai vari punti di vista. Questo perché legate alle dipendenze ci sono forme di disagio fra le più disparate. Il fenomeno è complesso e richiede un intervento altrettanto complesso che deve superare le frammentazioni promuovendo un sistema reticolare tra pubblico e privato sociale. Ai giovani dobbiamo dare messaggi forti e convincenti per renderli consapevoli della tossicità delle sostanze che mina i rapporti interpersonali e il tessuto famigliare”.

Dalla parte dei genitori e delle famiglie anche Antonio Affinita, direttore del MOIGE: “Dobbiamo lavorare sui cattivi maestri, autori di una sottocultura sul web, sui social, portata avanti da rapper a cantanti che strizzano l’occhio alla droga. Dobbiamo lanciare un grido forte per dire no in tutte le piazze. Non esiste la droga light. Non possiamo accettare le bugie del marketing”.

Ad alzare la voce rispetto i negozi di cannabis light anche Antonio Tinelli, responsabile della prevenzione di San Patrignano: “Dobbiamo far sentire la nostra voce senza compromessi, la cannabis light ha diminuito la percezione del rischio in Italia. Manca la condanna della società, mancano le istituzioni. Il 98 per cento dei ragazzi che arrivano a San Patrignano ha cominciato con la cannabis. Il marketing delle droghe e della criminalità organizzata sa lavorare benissimo. Oggi la tossicodipendenza ha 14 anni, si muore per overdose a 16 anni. Due i nostri obiettivi: alzare la percezione del rischio, che non può essere garantita nel momento in cui abbiamo la cannabis light, e dare a tutti gli studenti d’Italia la possibilità di essere informati”.

Il forum è stato però l’occasione anche di approfondire il tema del recupero. A questo proposito è intervenuto Antonio Boschini, responsabile terapeutico di San Patrignano: “40 anni fa Muccioli disse che ‘la tossicodipendenza non si cura con i farmaci ma con l’amore’. Ebbe il coraggio di schierarsi contro le risposte della medicina che già allora proponeva la terapia sostitutiva. La medicina però non ha mai avuto modo una soluzione che non prevedesse di sostituire una dipendenza con un’altra dipendenza. Il recupero è molto più impegnativo della riduzione del danno. Lo vedo tutti i giorni, il percorso è lento, lungo e pieno di insidie, ma dobbiamo aiutare i ragazzi”. A suo supporto anche David Best, professore di criminologia dipartimento giurisprudenza e criminologia alla Sheffield Hallam University: “La società deve comprendere come le persone recuperate possano essere una risorsa. Nessuno ce la fa da solo, è essenziale avere delle relazioni umane, un contagio del recupero. La speranza è il motore del cambiamento. Più cose fai durante il recupero più il recupero è di successo. Più risorse diamo alle comunità di recupero più la società riceverà contributi”.