Questo è un pezzo della mia vita tornato alla mente per caso in una giornata apparentemente come le altre, ma che aveva in serbo per me qualcosa di speciale.
Un ricordo lontano…anni rimossi da tempo.
Tutto iniziò con una semplice domanda “ Vuoi pesarti?”
Voi penserete ‘una domanda normale, quasi banale’, ma non per me, in fondo per me non lo è mai stata.
Mi trovo di fronte a lei: la bilancia. Da anni non mi peso più.
Sono in piedi e aspetto. La stanza è vuota, mi guardo intorno per rassicurarmi un’po’ , ma l’ambiente è sterile, non c’è nulla di familiare.
Sono agitata siamo sole io e lei, entrambe giudici di me stessa.
Guardo avanti poi abbasso lo sguardo e leggo finalmente il verdetto…63.
Nella mia mente riaffiorano, come in una pellicola di un film, scene di cui sono stata protagonista.
Sono gli anni 80, un gruppo di ragazze, una scuola.
I ricordi sono nitidi, erano gli anni dei jeans a vita bassa e delle t-shirt cortissime e l’ombelico di fuori.
Loro, le mie amiche bellissime, magrissime, sicure e sempre alla moda. Le guardavo muoversi, relazionarsi e non capivo cosa ci facessi con loro.
Io, io che sarei voluta essere come loro, ma non ero come loro.
Io cicciottella, sfigata, con jeans e maglie larghe. Io con tutte le mie insicurezze, io che mi sentivo uno schifo, io che in fondo stavo con loro solo perché volevano da me i compiti di scuola.
Io mi sentivo inutile e sola, ma una soluzione non c’era e tutto sarebbe rimasto così ancora per molto tempo.
Sono gli anni 90. Il cortile della scuola, l’aria è calda, il sole è forte. E’ appena suonata la campanella. La scuola sta per finire, siamo sedute sulle scale, intorno a noi un rumore chiassoso di voci e risate che anticipavano le vacanze estive e poi…
Poi attraversa il cortile Matteo.
Non ci credo! Un brusio di commenti si alza dalle ragazze dietro di me.
Ma è lui?
Lo guardavo camminare sicuro, sfrontato e vedevo intorno a lui tutti che gli parlavano e lo ammiravano come se fosse un attore di Hollywood.
Sì ragazzi Matteo lo conoscevo bene. Era un mio compagno di giochi fin da quando ero piccola. Passavamo pomeriggi a rincorrerci, a giocare con la palla, andare in bici oppure ad inventarci storie fantastiche su cavalieri, principesse e draghi.
Sì, perché siamo cresciuti così, nel club dei sognatori!!
Ma lui ora non era più come me, lui era cambiato. Ora faceva parte della gente figa, ora era un duro che tutte quante volevano, ora le vecchie amiche come me non se le ricordava più.
Allora ho pensato che se ce l’aveva fatta lui che era come me, anche io sarei potuta essere come lui: finalmente non più sola.
Nella mia mente adesso giravano solo tre parole:
dimagrire
essere figa
entrare nel giro
Era forse la soluzione alle mie paure?
Ricordo ancora la prima volta che mi sono calata una pasticca.
Era una calda sera d’estate, trasportata da un insolito coraggio, forse alimentato dall’ennesima scenetta patetica vissuta in casa. Mi dileguo con una scusa banale dai miei soliti amici, chiamo una ragazza della mia classe e mi organizzo la serata con lei.
Mi sentivo impacciata, stavo uscendo con persone che non conoscevo, con cui non avevo mai parlato.
Ci vediamo in un bar. Erano le 21.00. C’era anche Matteo…loro cominciano a bere, così per ammazzare il tempo, aspettando di andare nel loro posto segreto.
Nella mia mente emozioni contrastanti…ma cosa sto facendo?
Ho ansia, paura. Mi sento a disagio, non so che dire, ma sono strasicura di ciò che ho deciso, voglio provare! Voglio essere anche io come loro.
Prendo coraggio, mi butto e inizio a bere.
Dopo un’ ora mi sento meglio: rido, parlo, scherzo. non mi sembra possibile. Forse è un sogno, ma sono proprio io?
Poi arriva il momento, andiamo prendiamo i motorini, facciamo un’po’ di strada. L’aria calda dell’estate mi accarezza il viso. Ci stiamo allontanando dalla città, sento l’odore dell’erba; siamo circondati da campi, intorno a noi è tutto buio; c’è solo un piccolo raggio di luna sottile, che lascia intravedere solo i contorni degli alberi in lontananza.
L’aria sul viso mi fa svegliare, mi sto riprendendo dai fumi dell’alcool. Ci fermiamo, abbandoniamo i motorini fra l’erba, così nessuno li avrebbe visti.
Attraversiamo un campo di terra. Non si vedeva niente, avanzo alla cieca, camminando come uno zombie fra la terra e l’erba alta.
Mi girava per la testa lo stesso pensiero di prima: ma che ci faccio qui? Ma chi sono queste persone? Cosa staranno facendo Manu e Ale da soli?
Ma perché lo sto facendo?
Tutti questi dubbi si annullavano ogni volta che riflettevo su ciò che avrei ottenuto.
Arriviamo davanti ad un cancello con una recinzione alta.
Tutti la oltrepassano, io aspetto, vado per ultima. Mi vergogno, non so se riesco a superarla, ma non voglio rimanere da sola. Mi faccio forza, mi do una bella spinta e scavalco. Arrivo a fatica in cima, mi graffio scendendo, mi fa male il braccio, il sangue mi scende lungo la mano, mi pulisco subito con la felpa.
Dolorante, ma soddisfatta attraverso un giardino ben curato con fiori colorati e una stradina fatta di pietre, davanti a me si apre uno spazio grande, un giardino e una piscina.
Tutti i ragazzi si erano seduti e parlavano, altri stavano ascoltando la musica ed io ero in piedi bloccata, si avvicina Matteo, mi guarda…vuoi?
Sì, certo.
Droga. Non mi sono più fermata.
Io ero come loro.
Sono in piedi sopra la bilancia con lo sguardo fisso in avanti, prendo coraggio, guardo il display il cuore mi batte forte leggendo la cifra 63.
Questo numero mi ha tormentato per tutta la mia adolescenza, mi ha fatto sentire diversa, sola e impacciata ed ha contribuito a definire il mio futuro. Tutto è iniziato da quel “sì, certo!”
Da quella prima volta, poi non ho più smesso.
Quella sera calda d’estate è stato il primo passo verso una vita fatta di sconfitte e distruzione.
Ora sto cercando di cambiare e riesco a vedermi con occhi diversi.
Ora mi piaccio così, con i miei 63 kg!!
Chiara