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Era sempre colpa mia

Cosa avrei dato io per avere una ragazza da amare e il coraggio di muovermi, di fare esperienze. L’unica cosa che sapevo fare era sentirmi in colpa per qualcosa e credere di non riuscire a fare niente. Far sentire la mia voce era un’impresa. Dire la mia per sentirmi importante, anche solo per farmi conoscere o far vedere agli altri che io valevo qualcosa, era come scalare l’Everest. Se solo fossi riuscito a non sentirmi sempre quello sbagliato!

Ho 20 anni, e vengo da Brescia, i primi anni di vita li ho trascorsi con mia madre e mia nonna, mio padre non l’ho mai conosciuto.

Il rapporto tra mia madre e mia nonna, con le quali vivevo, è sempre stato complicato, conflittuale. Ricordo bene che cercavano di mettersi in cattiva luce a vicenda e questo creava in me molta confusione. E soffrivo perché ritenevo di essere io la causa delle loro litigate. Così come pensavo fosse tutta colpa mia la fine dell’amore tra la mia mamma e il mio papà: lui l’aveva lasciata quando venne a sapere che era incinta di me.

Insomma, tutta colpa mia. Io…beh!!! Mi sentivo non voluto, non amato. Ero convinto di essere sempre io la causa dei problemi delle persone a cui volevo bene.

Inoltre mi sentivo responsabile delle rinunce di mia madre, mi sentivo un peso che le toglieva la libertà.

Anche fuori casa non andava molto meglio. Ero timido, chiuso. A scuola facevo fatica a legare con i miei compagni. Non avevo molti amici. Perché avrebbero dovuto stare con me? Non mi sentivo simpatico, mi sembrava di non avere mai niente da dire, o di fare mai qualcosa di interessante. Stavo in disparte. Ma avrei tanto voluto divertirmi insieme agli altri.

Ogni volta che mi sentivo a disagio o in difetto con i miei coetanei, credevo di essere io quello sbagliato e di non essere voluto da nessuno. Come mi succedeva in casa.

Questo disagio, oltre che condizionarmi molto, si esprimeva con paura e rabbia: la paura di rimanere solo e la rabbia di avere tutte queste fragilità che mi avrebbero potuto portare a diventarlo.

Per reprimere le mie paure e sentirmi uguale agli altri, mi adeguai a quelli che consideravo i miei amici più stretti, e come loro iniziai a fumare le canne.

Inizialmente questo mi aiutò e mi fece sentire più forte, ma poi col passare del tempo mi accorsi che era solo un’illusione, infatti, passato l’effetto, le mie paure e i miei disagi riaffioravano più prepotenti di prima, facendomi stare sempre peggio.

Provo allora un’altra strada e mi faccio convincere da alcuni amici a prendere gli acidi, e come con le canne, all’inizio credo di aver finalmente trovato la soluzione ai miei problemi. Ennesima illusione, una volta che quel mondo di straordinarie meraviglie finiva, mi rimaneva in testa solo una grande confusione. Ero spaventato perché mi rendevo conto che la persona forte e felice che diventavo era solo finzione, scompariva in un istante assieme all’effetto.

Ero arrabbiato con me stesso perché non volevo rialzarmi, preferivo fingere di stare bene piuttosto che credere in me stesso.

Non avevo ottenuto assolutamente niente. Anzi avevo solo peggiorato la situazione. Sempre più sensi di colpa, sempre più insicurezze. Senza alcuna considerazione di me.

La droga mi aveva distrutto ancora di più.

Io non ero niente.

Non sapevo fare niente.

Non avevo amici, non riuscivo a parlare con nessuno.

Ero troppo timido e mi sentivo sempre e solo sbagliato.

Ero solo. Tremendamente solo.

Fabrizio