Ciao, sono qui, di fronte al buio delle nove in una corriera sgorgante di rumori fastidiosi. Guardo fuori e percepisco il silenzio. Ma il silenzio fuori non esiste, figuriamoci sulla A4. Eppure io dal vetro guardo fuori gli alberi, le transenne, le luci dei lampioni lontani, e vedo silenzio. Vedo strane figure, che penetrano nell’aria senza il minimo respiro, senza il minimo rumore. Suona tristezza in cuffie trasandate e rubate in un sedile vuoto. Le figure non sono strane, sono cose quotidiane. Eppure quegli alberi che scivolano sotto il mio moto compaiono e scompaiono in silenzio. Tanta materia che si sposta in così poco tempo, che non faccia rumore c’è da rimanere increduli. Dico tanto di saper scrivere ma mento a me stesso ogni santa volta. Dico, dico, dico e non so fare altro che dire. E che dire? Dire di quanto è degna di attenzioni la mia anima ferita di sedicenne che si crede fallito e alla fine l’unica cosa che in lui è fallita è la fantasia. Ma di voi stasera – ore 21.51 – bisogna parlare. Parliamo di voi, ma voi chi siete? Vidi in voi le persone più normali che ci potessero essere, anzi forse di più. La bellezza interiore, la sensibilità, la profondità dei ragazzi. Tutte anime belle, che sbagliarono la strada, forse interpretarono male i cartelli sul percorso, forse invece per testardaggine vollero passare per scorciatoie che nessuno aveva mostrato loro. Un errore nasce anche per farti crescere. Ti renderà grande e grazie a questo insegnerai a tutti che quell’errore non deve essere ripetuto. Non siete soli, gli errori sono parte dell’uomo. Sapete, io dico sempre che le persone più belle sono quelle a cui vengono assegnati gli errori più grandi, perché la vita vuole metterli alla prova. Vuole vedere se, dopo essersi rialzati, saranno le stesse meraviglie che erano quando sono cadute. Vi ho guardati negli occhi e ho visto cosa avete dentro. Avete cose che nemmeno io potrò mai immaginare, quelle pupille strette dalla tensione del palco ma così piene di esperienza, di racconti. Quei racconti avete voluto regalarmeli, un pomeriggio del 15 maggio. Solo voi potete comprendere la tensione che sentivo, mentre voi cercavate risposte dentro un pubblico timido. Ed io volevo rispondere prendere parte alle vostre conversazioni, dimostrare che un rasta non è capace solo di rollare e ascoltare Bob Marley. Volevo dimostrare a voi, a tutte le persone che erano sedute comode nelle loro poltrone, che su di me avevano pensato male, avevano pensato che in quel luogo ci sarebbe dovuto restare. Di tutta la mia vita, per tre quarti sono stato lo zimbello del mondo, preso in giro senza motivo. E piangevo, la sera, tra le braccia di mia madre che cercava di tirarmi su. Ora le cose sono un po’ cambiate. Barba incolta, capelli raccolti a casaccio, pantaloncini larghi e magliette di band strafighe, ora sì non ho più motivo di essere deriso. Sono arrivato a cambiare me stesso per piacere a persone che non meritano nemmeno i miei sguardi. Ho sempre voluto riempirmi di forza nelle braccia, traboccante di rabbia e menare qualcuno di santa ragione, ma alla fine, ripensandoci le parole sanno essere dure come le pietre, affilate come coltelli e calde come il fuoco appena acceso. Le parole sono più versatili, hanno gittata infinita perché arrivano dove vogliono arrivare. Voi avete cambiato il mio modo di pensare e mi avete regalato un mondo dove pensare. Non mi sono mai definito uno scrittore per non mancare di rispetto a chi lo è di professione, eppure sento che qui alla tastiera potrei starci giorni e notti, per parlarvi di voi, di me e di tutto ciò che in me siete riuscite a risvegliare. Vi siete alzati, fieri come leoni a mostrare al mondo che il vostro cuore ferito ha avuto il meglio sull’inferno. Un buio nato nell’ultimo vagone di un treno , in un parcheggio sotterraneo in silenzio, nelle terre più lontane e chissà dove poi. Ora siete qui a raccontarci di quanto il buio sia dolore, sia lontananza da ciò che amiamo, sia disperazione, ma che da ogni buio si può uscire, bisogna soltanto – se la luce non vi viene posta – crearvela da soli, per vivere e portare il cuore alle stelle.
Grazie ragazzi! Matteo