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Ci sono sempre stati

Ci sono cose, io penso, che nasci e le impari, le conosci, le vivi, magari per un po’ non le vivi più, ma continuano a rimanere sempre le stesse e va a finire che, dopo un po’ di anni, è bello perché le guardi e ti senti bimbo di nuovo, ti emozioni, se ne sei capace.
Gli amici no. L’amicizia, almeno, no.
Da bimbi l’amicizia è un gioco, un divertimento, conosci un Marco, un Giulio, un Stefano, una Emma e boh ci disegni, ci scherzi, ci giochi insomma.
Poi passano gli anni, magari cambi o resti un po’ bimbo dentro e ti tocca iniziare a capire bene quello che sei e quello che un amico deve essere per te, quello che vuoi o puoi fare con una persona che ti vuole bene.
Io ho sempre fatto fatica.
Non ero scemo o ritardato, ero un pochino diverso. . . i miei compagni di classe giocavano a pallone e io mi facevo i viaggi mentali disegnando epiche battaglie su fogli di carta.
Sempre perso nel mio mondo di colori.
Ho fatto fatica pure quando crescendo, non avendo capito bene chi ero, mi sono trovato a voler cambiare amici per cercare qualcosa che alla fine non mi apparteneva.
Quel Marco o quel Giulio, quel Stefano o quelli della vecchia ‘’ballotta” (gruppo in bolognese) li conosco da quasi 13 anni; io ne ho 19, fate un po’ due conti. . . Erano lì quando a 6 anni sono entrato in classe per la prima volta e alla fine erano sempre lì quando a 17 sono entrato a Sanpa.
Avevo 13 anni quando li ho “lasciati” per cambiare gruppo.
Avevo alcuni amici, di buona famiglia, ricchi insomma e ho iniziato a uscire con loro.
Io non ero ricco e avevo molti interessi diversi da loro e questo mi teneva un po’ in bilico e rimanevo sempre un po’ in confusione, insicuro. . . Dormivo in piedi.
Non penso mi abbiano mai voluto bene, di sicuro non mi hanno mai rispettato, ma nonostante tutto mi ostinavo a voler rimanere con loro, incapace di cacciar fuori un po’ di palle.
In quel periodo ho fumato la mia prima canna.
L’anno dopo mi sono un po’ svegliato e sono tornato dai miei vecchi amici che mi hanno riaccolto a braccia aperte, con tutto l’affetto di cui avevo bisogno.
Mi avevano bocciato quell’anno, allo scientifico, scuola che avevo scelto per andare dietro a un paio di quegli amici ricchi. . . Non faceva per me.
Ho cambiato scuola, amici e mi ero pure trovato una bella ragazza e mi sentivo finalmente rispettato, non fumavo canne in quel periodo la Claudia (la mia ragazza di allora) non voleva e, comunque sia, con lei di fianco non mi servivano.
Le ho dedicato una scritta alta più o meno due metri e lunga dieci con scritto “ti amo Claudia” tanto per farvi capire.
A un certo punto però si è rotto qualcosa, avevo tutto quello che mi serviva vicino, ma c’era qualcosa lì nel buio che mi portava via, non mi faceva stare tranquillo con quello che avevo.
Ho conosciuto dei ragazzi, poco più grandi di me, che fumavano una marea di cannoni e qualche stagnola.
E ho fatto la grande cazzata (tra le tante che ho fatto di lì a poco) di lasciare i miei amici e la piccola Claudia per andare a fare lo scemo con quegli altri.
Da li in poi è stato un casino anche se pensavo di stare da Dio.
Quella sicurezza che mi mancava e che mi è sempre mancata, la prendevo dalla roba, dalle canne e l’unico modo che avevo per non stare male è stato diventare la persona fredda che, tre anni dopo, ha dovuto pigliarsi le sue ed entrare in comunità.
Non sapevo più piangere ne essere felice delle piccole cose che mi rendevano umano.
Quei vecchi amici però c’erano sempre, li vicino, li tenevo in disparte ma loro c’erano e ci sono ora.
Non gli importa delle cazzate che ho fatto, gli importa di cosa sono ora, di quello che sto facendo e che sto diventando, e a me importa di loro.
E sapere che stanno bene mi rende felice.
A Emma (una mia amica) le ho disegnato un gufo. A lei piacciono. . .
Questa per me è amicizia. Un disegno fatto col cuore sapendo che ogni tanto mi pensano . . .
Leandro