fbpx

Chi vuole essere felice?

Sono sempre stato un materialista. Il problema più grande della mia vita – racconta Dario – era apparire. Schiavo e succube del pregiudizio, vivevo in funzione degli stereotipi che la nostra società ci mette di fronte e a causa dei quali non riuscivo a guardare più in là del mio naso”.

Sta appoggiato al muro di cinta del canile di San Patrignano con le mani giunte e le dita incrociate. Fissa il vuoto davanti a sè. Raccoglie le idee perché non è facile rispondere, soprattutto quando conosci una persona come Abramz. Lui ha perso i genitori all’età di 7 anni passando la giovinezza fra le strade ugandesi e vivendo ora da un parente ora da un altro. Ma non si è perso d’animo e grazie all’hip hop è riuscito a tirarsi fuori dalla disperazione. Oggi, con il progetto Breakdance Project Uganda, aiuta i bambini del suo paese. Il suo sogno è quello di mettere in piedi un laboratorio dove poter riaffermare l’orgoglio della gente, dando a tutti la possibilità di realizzare i propri sogni. Il suo sguardo è qualcosa di incredibilmente intenso e attraverso i suoi occhi si può leggere il senso della vita.

“Quando ho conosciuto i BPU non potevo crederci – spiega Dario. – Il loro carisma è stato travolgente. Quante paranoie inutili ci facciamo? Loro non si fanno nemmeno la metà dei problemi che ci poniamo noi!>>.

Questa esperienza ha fatto capire a Dario che la vita, quella vera, va vissuta cercando di essere persone libere, senza il bisogno di dover rincorrere freneticamente grandi cose. “Basta così poco per rompere la monotonia. Ci siamo divertiti tantissimo facendo cose apparentemente banali e ho capito quanto è alla portata di tutti la possibilità di vivere profondamente”.

Dario descrive con entusiasmo il gioco di Abrams. “Stavamo tutti in cerchio e lui ci faceva delle domande. Se la risposta era positiva dovevamo entrare al centro e fare tre saltelli, al contrario restare fuori e se avessimo avuto anche solo un piccolo dubbio restare fuori o fare un solo passo in avanti rimanendo con le gambe aperte. Alla domanda ‘chi ha mai pensato almeno una volta nella vita di morire?’ tutti noi siamo entrati nel cerchio, mentre loro sono rimasti fuori”. “Sai quando ti capita di rimanere senza parole? Non ci potevo credere – continua Dario. “Loro, che rischiano la vita tutti i giorni, non hanno mai pensato di morire?”.

Dario si sofferma a lungo fra una frase e l’altra. “Stavo pensando….Sono a SanPa da quasi tre anni. Quando abitavo a Torino passavo le giornate, i mesi senza curarmi minimamente di quello che facevo e del tempo che stavo sprecando. Oggi mi considero davvero fortunato perché posso imparare cose meravigliose. Posso stare vicino alle persone con cui vivo, facendolo veramente. Ho anche la possibilità di custodire ogni singola esperienza e conservarla nel mio zainetto, quello immaginario, dove ripongo tutto ciò che di prezioso incontro sulla mia strada. E sai qual è l’ultima cosa preziosa che ho conservato al suo interno? Quell’attimo in cui, durante il gioco del “cerchio magico”, tutti siamo entrati al centro, ci siamo presi per mano e abbiamo fatto tre salti. Abramz ci aveva chiesto: “Chi vuole essere felice?”.