Figlia di due cuori

Mi chiamo Ivana, ho 24 anni e porto dentro di me due mondi, due radici: mio padre è italiano, mentre mia madre è ugandese. L’Uganda è un paese dell’Africa centro-orientale, attraversato dall’equatore e pieno di meraviglie sia a livello naturalistico che culturale. Sono nata in Italia e la prima volta che sono andata in Uganda avevo due anni

Non ricordo tantissimo di quel viaggio perché ero molto piccola, ma ci sono state delle esperienze vissute in quel posto che mi sono rimaste per sempre nel cuore e che desidero tenere accese, vive dentro di me. Mi fu dato il mio Pet-name o empaako. L’empaako è l’assegnazione di un nome di rispetto, una tradizione dell’etnia Banyoro. La persona più saggia e anziana del villaggio assegna al bimbo appena nato un nome che possa coglierne l’indole e rivelarne le caratteristiche che gli apparterranno per sempre. Il mio empaako è Abwooli ed è lo stesso della mia nonna materna, a cui assomiglio molto. È stata la persona che ho amato di più. Aveva dentro di sé tanta verità, una verità che spesso disarmava. Con lei mi sentivo protetta e amata. Per lei rappresentavo la speranza di una vita serena, quella che avrebbe sempre voluto avere e augurare ai suoi figli: un sogno che viveva attraverso di me. La sofferenza l’aveva schiacciata, distrutta, ma nonostante i sacrifici, i tormenti, le fatiche di una vita durissima, alla mia nascita era riuscita a mettere da parte il suo dolore e a dedicarsi a me. Gli Abwooli hanno capacità costruttive, ma altrettante distruttive, sono dediti al vizio quanto alla virtù. Mia nonna era ipersensibile e straordinariamente lungimirante nel riconoscere il destino di un popolo, di un paese, delle persone e molto acuta nel comprendere il carattere di chi incontrava lungo il suo cammino, riuscendo spesso a prevederne le scelte e il futuro. Sembrava avesse doti oracolari, profetiche. Di me, me lo raccontano spesso i miei genitori diceva che venivo da molto lontano. A questa frase la nonna dava un significato profondo. Sì, perché spesso mi sono sentita estranea al mondo, lontana da esseri e cose. All’inizio questa sensazione si limitava alla mia indole un po’ sognante e dolcemente malinconica, poi però questa distanza, questo senso di solitudine si è esteso anche al mio modo di stare con gli altri. La mia infanzia è stata serena, sono stata tanto coccolata dai miei genitori, dai nonni paterni, dalla mia nonna. Ma era in mezzo ai miei coetanei che mi sentivo a disagio, perché mi sentivo diversa. Ero una bimba mulatta e non sempre chi mi stava intorno comprendeva a sufficienza delle realtà diverse. Mia madre è stata la prima dottoressa di colore della vallata in cui abitavamo, anche mio padre è un medico e si è creato una posizione, nonostante i molti pregiudizi. Bisognerebbe andare oltre, lo so bene, ma non è sempre così facile. Mi prendevano in giro, soprattutto le mie compagne. Volevo avere i capelli lunghi come i loro, ma i miei non si allungavano, aumentavano solo di volume. Pensavo che non sarei mai piaciuta a nessuno e mi sentivo estranea, sola, lontana da tutti. Questa sensazione è stata una costante della mia vita. Avrei voluto vivere in un mondo diverso, aperto a una visione più ampia e soprattutto più comprensivo. Non sono riuscita a superare le mie difficoltà, da sola non ce l’ho fatta. La droga mi ha illusa, credevo di trovare attraverso di lei un volto, la sicurezza di una mia identità in mezzo agli altri. Non è stato così. Sono a San Patrignano da un anno e mezzo e quello che sento è che dentro di me c’è qualcosa di tanto forte, vero, autentico, degno di essere vissuto, raccontato e trasferito agli altri. Qualcosa che va ben oltre il colore della mia pelle, i capelli ricci e tutto quello che mi ha fatto sempre sentire diversa dagli altri. Non è quello il mio valore. Non è scappando dai problemi che si riesce a vivere meglio. Credo che la lucidità e la consapevolezza siano le qualità più importanti in una persona. Sto iniziando a comprendermi e a comprendere l’importanza di trasformare sempre in punti di forza quelli che ho sempre pensato fossero i miei limiti.

Articolo di  Ivana tratto da “Sanpanews-Voci per crescere” N° 59 agosto 2021
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