Tutto e niente

Luca non riusciva mai a mettersi in luce. Arrancava sempre. Era timido, insicuro. Con gli amici, con le ragazze, sul lavoro. Loris invece aveva tutto, non gli mancava niente. Due caratteri diversi, due vite al contrario che arrivano a percorrere lo stesso cammino

Io sto imparando un mestiere al caseificio di San Patrignano. Non lo avrei mai detto. All’inizio quando sono arrivato non ne volevo proprio sapere di stare qui a rimescolare litri di latte. Ora invece ho imparato un mestiere, fuori sarò qualcuno. Ne sono sicuro. Mi piace quello che faccio. Sono bravo. Sono orgoglioso di me. Non è stato facile, ma oggi sono sicuro di avere delle qualità anche io. Come tutti. Sono Luca, vengo da un paesino del Sud dell’Italia, sono cresciuto con mio padre, mia madre e mio fratello maggiore. Ho trascorso un’infanzia serena, i miei genitori erano fantastici però, senza volerlo mi mettevano spesso a confronto con mio fratello, al quale riusciva tutto benissimo. Bravo a calcio, bravo a scuola, brillante, simpatico, intelligente. Mentre io facevo fatica. Mi sentivo sempre meno, sempre un passo indietro, inadeguato, mai all’altezza, mai motivo di vanto per i miei genitori. Ci provavo, ma niente. Ho provato a giocare a basket, a suonare la batteria, cose diverse da quelle che faceva mio fratello, almeno così non si potevano fare paragoni. Ma era uguale. Non riuscivo mai a mettermi in luce, quello che avevo scelto di fare non mi piaceva poi così tanto. Non era una vera passione, solo un modo per fare contenti i miei geni- tori. Ma alla fine arrancavo sempre e comunque. Ero timido, insicuro, anche con gli amici. L’unica cosa che sono riuscito a portare a termine è la scuola. Mi piaceva molto cucinare e questa era forse l’unica vera passione che coltivavo solo per me. Infatti mi sono diplomato alla scuola alberghiera. Mi dava soddisfazione; tra i fornelli ero felice, ma c’era quel senso di solitudine che mi tormentava. Guardavo gli altri ragazzi, quelli considerati fighi, quelli che secondo me stavano alla grande. Si facevano le canne loro, bevevano. Erano al centro dell’attenzione. Erano osservati, considerati, imitati. In tanti volevano essere come loro. Anche io. E così è stato. Sono diventato come loro per sentirmi qualcuno. Canne, risse, droga di tutti i tipi, alcol, sempre di più. Si stava in strada a perdere tempo, senza concludere niente. Ci stavamo perdendo tutti, in tutti i sensi. Ci stavamo illudendo di essere fighi, di essere qualcuno. In realtà non sono stato in grado di fare niente di buono nella mia vita e mi sono trovato completamente solo. Senza lavoro, senza amici e senza la mia famiglia. Fino a quando sono arrivato a Sanpa. A me invece le cose non stavano andando male. Anzi. Avevo un lavoro, guadagnavo bene, mi sentivo realizzato, avevo una ragazza. Cosa volevo di più? Sono Loris, ho 31 anni e vengo da un paesino di montagna. La mia è una famiglia semplice, ho vissuto con mio padre che ha un’azienda agricola, mia madre e mia sorella maggiore. Ho passato la mia infanzia tra i filari della vigna, dove ogni giorno d’estate mio padre mi portava con lui mentre lavorava. Un’infanzia felice, sia in famiglia che a scuola. Anche alle medie andavo bene, i voti erano buoni, fino a quando dopo un brutto episodio che accadde alla mia famiglia, il mio comportamento cominciò a cambiare. In famiglia si era interrotto qualcosa. Non c’era più serenità. Respiravo tensione, ansia, preoccupazione. Iniziavo a non stare più bene in casa e trovavo ogni scusa, ogni motivo per uscire. Mollai anche la scuola. Io volevo lavorare per avere dei soldi in tasca e farmi la mia Ho passato la mia infanzia tra i filari della vigna, dove ogni vita. Andai da mio zio che aveva una ditta tutta sua e lo convinsi ad assumermi. Tutto partì alla grande. Le persone con cui lavoravo erano tutte più grandi di me, e diciamo che non erano proprio degli stinchi di santo, per inserirmi nel gruppo cominciai a fare le stesse cose che facevano loro. Questo mi faceva sentire grande.

Quindi uscivamo, ci ubriacavamo, praticamente tutte le sere, spesso girava qualche canna, righe di coca, ma a me sembrava tutto normale. Di giorno si lavorava e la sera si faceva festa. Mi piaceva quella vita. Mi piaceva stare sopra le righe. Mi piaceva vestire i panni del ragazzo diciamo

così ‘trasgressivo’. Incontrai delle ragazze: prima L., poi T.. Con lei faccio le cose serie. Andiamo a convivere. Mi rimetto i panni del ‘bravo ragazzo’. Rimetto la testa a posto. Lavoro. Sistemo casa, mi do una regolata e per un anno riesco a portare avanti il progetto di una vita assieme. Per i primi mesi tutto ok, anzi alla grande, sono felice. Ma poi le cose cambiano, torna fuori quella parte di me che cerca qualcosa di più, e ovviamente lo vado a cercare dove lo avevo già trovato, e torno alla vita che avevo abbandonato. Alcol, coca, vita sregolata. Ora però la vivo in maniera diversa, non è più solo divertimento, è più una fuga dalla routine, infatti spesso vado a comprare la coca da solo e nessuno sa quello che faccio. Al lavoro continuo ad andare, riesco a nascondere questa parte della mia vita a tutti, neanche la mia ragazza si accorge di nulla, per anni ho due vite parallele, quella del bravo ragazzo e quella del tossico. Ma a lungo andare le cose precipitano. Non ce la faccio più a reggere la doppia parte. Inizio a fare casino, a mandare tutto all’aria. A perdere tutto, tutti. Non so più chi sono. Un giorno T. rientra in casa all’improvviso e mi scopre solo, davanti al tavolo, mentre mi faccio due righe di coca. Va dai miei genitori e gli racconta tutto. Io non mi presento a casa per giorni. Quando rientro sono con le spalle al muro. O entro in comunità e cambio vita oppure me ne devo andare. Lontano dai miei genitori, lontano da tutti. Lontano da T. Solo. Avevo tutto. Ho perso tutto. Non è stato facile, non è facile. Ma ho scelto.

Articolo di  Luca e Loris tratto da “Sanpanews-Voci per crescere” N° 57 giugno 2021
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