Il dolore inevitabile

Mi svegliavo angosciata, pensando di dover uscire di casa e di dover andare là fuori per affrontare il mondo e mettermi a nudo davanti a persone che non mi avrebbero mai capita ed accettata. Non era normale per una ragazzina vivere così, con il peso di questo pensiero fisso, tutti i santi giorni.

Penso di non averlo mai confidato a nessuno. Credevo esistessero due categorie di persone: quelle con un carattere solare, grintoso e ottimista, e poi quelle come me. Chiuse, insicure. Che vivevano sempre con il freno a mano tirato. La paura che tutti potessero scoprirmi e confermarmi chi ero mi bloccava. Avevo bisogno di confondermi in mezzo alla gente, di non svelare mai questo lato di me che non mi piaceva per niente e mi faceva soffrire. A un certo punto ho trovato una soluzione. Mi sembrava quella giusta, credevo di avere risolto ogni cosa. Sballo, eccesso, trasgressione. Niente regole, niente limiti, lancette a duemila. Solo con le sostanze riuscivo a sentirmi parte di qualcosa. Tutte quelle paure, tutte quelle insicurezze sembravano svanire. Non era normale vivere la giornata aspettando solo quel momento. Non era normale nemmeno quel momento di distacco totale dalla realtà, di evasione da tutto. Come può una ragazzina di 14 anni preferire un stato di non lucidità piuttosto che una vita vissuta appieno? È così che pian piano mi cucii addosso abiti che non erano più miei. Rincorrevo stili di vita esagerati che per me erano bellissimi. Ma non mi rendevo conto che appartenevano a mondi non reali e che dietro si nascondeva l’altra faccia della medaglia, quella più scomoda, quella più triste. Ero troppo fragile e troppo inebriata da sensazioni estreme che erano destinate a finire subito. E a lasciarmi in mezzo al mondo, più spaventata di prima.

M.
Tratto da “Sanpa News – Raccontami – Con parole mie n.50 novembre 2020