Imparare a volersi bene

A 18 anni ho conosciuto Viola. In realtà sapevo bene chi fosse, perché nel nostro paese tutti ci conoscevamo. Era bella, piccolina. Un sabato sera, dopo una serata, siamo usciti insieme. Eravamo già tornati a casa, era l’una di notte; io ero ubriaco, forse per questo ho trovato il coraggio di farlo. Le ho detto che non avevo sonno, poi le ho chiesto se voleva venire a fumare una canna con me. Con quella scusa ci siamo incontrati, siamo stati un po’ insieme, a parlare del più e del meno. In quel momento ero alle stelle. Da quella sera abbiamo cominciato a uscire sempre più insieme. Ho cominciato a portarla alle feste con i miei amici, a farla venire a casa mia. In realtà mi piaceva tantissimo. Alle feste non volevo che prendesse le droghe che usavo io, quasi glielo vietavo. La volevo proteggere. Ma la situazione era sempre la stessa: non riuscivo a fare quel passo in più verso di lei. Lei si apriva con me, mi raccontava tutta la sua vita. Forse gli piacevo anche. Io invece non riuscivo, non gli mostravo mai tutto di me. Questo perché io per primo mi vergognavo di alcune cose di me stesso, quelle che non mostravo mai a nessuno. Era per questo che non riuscivo ad avvicinarmi veramente a nessuno, oltre che a lei. Così ho pensato che l’unico modo per distruggere quel muro fosse l’ultima cosa, quella che ancora, per paura, non avevo provato. L’eroina. Un giorno decisi. Non volevo più tornare indietro. Da quella prima volta smisi di sentire ogni cosa. È questo che ti fa l’eroina. Più andavo avanti e più tutto si spegneva. Ormai non mi importava più nulla, neanche di Viola. Tutto quello che c’era intorno a me era lontano, non mi toccava.

Poi quel Natale la situazione precipitò drasticamente. Dopo il cenone uscii con i miei “compagni” per andare a fare una serata. Sono stato in giro fino alle cinque del mattino, ad assumere qualsiasi cosa mi capitasse sottomano. Ero distrutto. Sono rientrato in casa e mi sono chiuso a chiave in camera mia. Ero troppo fuori, così ho pensato di farmi, per riuscire a dormire qualche ora. Ma ho esagerato. Sentii i sensi che mi abbandonavano. Mi sono alzato, per avvicinarmi al letto e sdraiarmi, ma sono svenuto. Overdose. Mi sono risvegliato il giorno dopo in ospedale. Mia mamma mi ha salvato la vita. A quel punto la realtà dei fatti era chiara. Ero diventato uno schifo. Avevo toccato il fondo. Feci una scelta, forse la più giusta dopo tanti anni. Decisi di entrare in comunità. Era arrivato il momento di imparare a volermi bene veramente.

Tratto da “SanpaNews”. Scopri come abbonarti.