Ora vedo Vita

Sono Greta, sono la seconda figlia dei miei genitori, che si sposarono giovanissimi, mia mamma aveva appena diciotto anni e mio padre venticinque. Mia sorella, più grande di me di cinque anni e, nata all’inizio del loro matrimonio.

La nostra infanzia è stata un po’ confusa, non capivo bene cosa succedeva, ricordo bene la casa in cui abitavamo, era bellissima, affacciava su un parco grandissimo a Empoli. Amavo tantissimo i miei genitori, avrei voluto vederli sempre insieme e sempre con me, ma loro litigavano spesso e quando ancora ero molto piccola ricordo che con mamma e mia sorella andammo a vivere dai nonni, mentre, mio padre rimase nella nostra casa bellissima e andavo da lui solo il fine settimana. Ci stavo malissimo, amavo tanto il mio papà e non riuscivo a spiegarmi perché non vivessimo tutti insieme come facevano le altre famiglie. Così come amavo tanto mamma e papà stravedevo, ancor di più, per mia sorella, lei era un modello per me, era bravissima a scuola, a casa con la mamma e aveva tanti amichetti con cui giocare. Tutti sapevano che lei era quella brava.

Io spesso, anzi, quasi sempre, mi sentivo inferiore a lei, ai miei occhi era perfetta, io ero convinta di non poter competere con lei, di non poter essere all’altezza delle aspettative. A scuola, infatti, non andavo bene, non avevo tanti amici come lei, ero molto timida e mi aprivo poco con chiunque. Questa diversità tra me e lei mi faceva stare molto male, e il più delle volte mi rintanavo nel mio piccolo mondo. Stavo sempre in un angolino, ero silenziosa e mi circondavo di piccoli giochini per non dare fastidio a nessuno, ma non era bello, soffrivo tanto quella solitudine.

Quando avevo all’incirca 13 anni mia sorella, che ne aveva 18, decise di andare via da casa per iniziare una convivenza con il suo ragazzo, divenne più indipendente, aveva la patente e ricordo che spesso veniva a prendermi per passare del tempo insieme. Di quelle giornate non mi piaceva il fatto che mi portava dai suoi amici invece di stare con me, mi arrabbiavo molto anche perché facevano cose che non mi piacevano, fumavano e usavano droghe. Io mi preoccupavo molto perché sapevo che era sbagliato, ma non la volevo mettere nei guai, quindi le reggevo sempre il gioco con mia mamma.

Mia sorella non c’era mai, io ero l’unica sempre presente per aiutare mia mamma, per mantenere la famiglia lei era sempre al lavoro e io non potevo lasciarla da sola a badare a tutto.

Così quando ancora andavo alle medie, appena uscivo da scuola passavo a prendere mio fratello all’asilo, tornavo a casa, mangiavamo e passavo tutto il pomeriggio in casa con lui. Spesso, quindi, ero a casa a badare il mio fratellino, e per passare un po’ di tempo con i miei amici ero costretta ad invitarli a casa mia nel pomeriggio. Proprio lì, con loro e con il mio primo ragazzino, feci le prime esperienze con il fumo e gli alcolici. Stavo diventando come gli altri, non mi sentivo più così diversa. Stava crescendo in me la forza di esprimermi, di tirare fuori la mia personalità, non volevo più essere quella sempre tranquilla, volevo fare le mie esperienze, scoprire la vera Greta. Ero stanca di fare la brava, badare a mio fratello, non fare arrabbiare la mamma e comunque stare sempre al secondo posto. Così iniziai ad uscire con una compagnia composta da tutti ragazzi alternativi e combina guai. Cominciai a saltare la scuola, a fare le firme false dei miei genitori, uscire per fare casino. In quel periodo provai anche a farmi le prime canne.

Arrivarono i 14 anni e le superiori, sotto consiglio di mia madre scelsi ragioneria. L’errore più grande che potevo fare; non mi piaceva per niente, non ci capivo niente di quella roba.

Però lì conobbi Desirè, abitavamo anche vicine e divenimmo inseparabili. Facevamo tutto insieme, mangiavamo, dormivamo, studiavamo, uscivamo, bevevamo, fumavamo, saltavamo la scuola. Eravamo sempre io e lei. Iniziammo anche ad andare alle feste, lei cominciò con le pasticche, mentre io provai la cocaina. Mia sorella ne faceva già uso, l’avevo già vista da lei.

Poi arrivò anche l’eroina, lasciai la scuola, non avevo un lavoro, la mia vita era fatta dal nulla. I soldi però mi servivano, quindi, l’unica soluzione per poter mantenere la mia dipendenza divenne rubare, e lo facevo in casa mia, arrecando danno alle persone che più mi amavano. Ciò che mi premeva di più era poter continuare a farmi di eroina per stare bene, per non soffrire, per non sentire i sensi di colpa, per non dover aprire gli occhi e guardare cosa stavo combinando.

Me ne andai di casa e vissi per strada per un bel po’. Non riuscivo ad affrontare la mia famiglia, il dolore che causavo e la loro disapprovazione, così ruppi completamente tutti i rapporti con loro, che non sapevano più come fare con me. Avevo perso definitivamente tutta me stessa senza avere avuto il tempo di accorgermene, ma soprattutto, in quel momento, non avevo assolutamente idea di come poter venire fuori da tutto quel casino.

Poi San Patrignano. Mi sono lasciata andare completamente al mio destino, avrei fatto qualsiasi cosa mi avessero chiesto, volevo solo essere aiutata.

Ad oggi sono molto contenta di quello che sono riuscita a costruire e riconquistare stando qua dentro. Mi sono appassionata alla fotografia e allo sport; gioco a calcio e corro. Faccio anche assistenza ai degenti nel nostro centro medico e ho ricominciato la scuola scegliendo, questa volta, l’indirizzo sociale. Oggi mi piace davvero tutto ciò che faccio, le mie giornate sono piene e mi regalano un sacco di soddisfazioni. Quello a cui aspiro per il domani è poter aiutare i bambini con problemi attraverso lo sport. Oggi, al contrario di qualche anno fa, quando mi guardo allo specchio vedo vita.