Da piccolo mi chiamavano QUIQUI

“Il mio papà disegna”- Ne andavo fiero, ne vado fiero tutt’ora. Di sicuro ho pensato questo la prima volta che ho preso in mano una matita.

Tutti i bambini fanno così, vedono Maradona in TV e si mettono a calciare il pallone e per me è stato uguale: ho visto il mio papà usare i colori e sono andato fuori di testa. Non l’ho più mollata quella matita, nemmeno quando mi sono fumato la prima canna o l’ultima stagnola o quando le scelte sbagliate che avevo preso mi stavano portando lungo una strada che non mi apparteneva.

Il disegno ha fatto sempre parte di me, fin da piccolo; le prime sgridate me le pigliavo per aver disegnato sul muro della mia cameretta.

A dodici anni ho scoperto i graffiti e il mondo dell’ Hip-Hop nato in America… “l’OLD SCHOOL”, la vecchia scuola dei lettering newyorkesi mi ha affascinato fin da subito e così, da un momento all’altro, tutti i giorni mi esercitavo con pazienza; arrivavo presto di fronte a scuola per mettermi a disegnare e progettare lettere su un pezzo di carta e andavo a letto tardi la sera per lo stesso motivo… quell’anno mi hanno bocciato, come quello dopo, e nel frattempo ho cominciato a drogarmi e a perdere il rapporto con mio padre. Avevo un talento e non l’ho coltivato come si deve, sono rimasto della mia e quei colori sono diventati uno sfogo, triste e senza senso.

A sedici anni ho scoperto i tatuaggi e da li è nato il mio sogno di fare il tatuatore. L’anno dopo sono entrato qui a San Patrignano, col braccio sinistro pieno di piccoli e sbiaditi tatuaggi, sono la mia storia, il ricordo di un brutto periodo, un giorno li coprirò.

A pensarci per me il disegno nasce da tante cose: ho disegnato per amore, per amicizia, per felicità o tristezza, per protesta, per rabbia, per ricordare e non scordare più oppure semplicemente perché non avevo niente di meglio da fare… ora che sto meglio disegno perché mi fa stare bene, non è più un modo di isolarmi dal mondo e questo per me è importante. So che voglio disegnare e colorare per lavoro, è il mio sogno. Per adesso cerco di impegnarmi qui a Sanpa e di tirar fuori qualcosa di buono e di serio da questa mia passione, come non ho mai fatto prima. Quest’anno infatti riprenderò la scuola, Grafica ho scelto e imparerò un mestiere; non vedo l’ora.

Renderò fieri i miei… mi chiamavano “QUIQUI” da bimbo e così ho deciso che nel primo tatuaggio che farò per coprire quelli vecchi ci deve essere quel nome e deve rappresentare qualcosa di bello, la rinascita… un fiore che esce dalla tempesta

Leandro