La sveglia urlerà comunque alle 7

Stasera ho passato una serata a casa con 4 amici, divano, play, FIFA, un sacco di risate.
E guardandoli, ripensando alle vicissitudini che ho vissuto molto da vicino e soprattutto pensando a quello che è successo sabato notte a Riccione, vedere loro ed il loro star bene così, in modo semplice e naturale, ripercorrendo il nostro percorso di crescita condiviso fin da bambini mi chiedevo come sia possibile, a quale meccanismo oscuro, malato, forse dettato anche dalla curiosità e dal disagio sociale, possa portare un essere umano ad assumere sostanze.
Dalla più leggera alla più devastante. Ogni tipo e forma. E sapete una cosa? Non ne son venuto a capo.
Son sempre stato una persona solare e amante della vita anche nei momenti più duri, psicologicamente più difficili da affrontare. Ho pianto e ho sofferto come tutti quanti, lo faccio tutt’ora e non me ne vergogno per niente. Delusioni scolastiche, sportive, in amore, lavorative. Sono passato anche io dalle pugnalate di amici che professavano di essere dalla mia parte. Ne ho passate insomma, come tutti. Ognuno ha i suoi demoni dentro, chi con più o meno paure e fragilità. Non siamo poi così diversi gli uni dagli altri.

Ma è proprio lì che non ci arrivo: io ho paura delle droghe. Una paura fottuta. Da sempre.
È un mix di cose: la paura di star male, che mi salga male, la paura della dipendenza dietro l’angolo, il disagio sociale che mi potrebbe arrecare. Le difficoltà nello sport che ne deriverebbero e tanto tanto altro. Perché ai tossici o a chi comincia ad abusare, queste cose non spaventano?
Non giudico nessuno, so che qualche mio contatto (forse più di qualche!), leggendo questa mia filippica mi darà del coglione perché non essendoci dentro non posso capire fino in fondo. A tutte queste persone voglio dire una cosa: San Patrignano, seppur in maniera indiretta, mi ha sempre accompagnato durante la mia vita. Ho sempre fatto i conti con queste situazioni, fin da sbarbo. Parenti e amici rovinati da uno sballo che io proprio non riesco a comprendere. Lo sconforto che mi porto dentro quando li incrocio tutt’oggi o quando guardo le foto ricordo, mi attanaglia il cervello, mi porta sempre a pensare a cosa sia successo nelle loro vite, a chiedermi perché abbiano cominciato e perseguito su questa strada nonostante siano stati consci e consapevoli delle possibili conseguenze. Non c’è più l’ignoranza di 15/20/30 anni fa. Ormai viviamo in una società preparata, attenta e vigile su queste cose; campagne di informazione e prevenzione che prima non esistevano.
Quel cazzo di ragazzo aveva 16 fottuti cazzo di anni. Sarebbe potuto essere mio fratello. Un amico. Un parente.
Cosa lo ha spinto a cercare quel qualcosa in più?

Ma voi vi immaginate cosa dev’essere essere un genitore e ricevere una chiamata alle 4 del mattino da un ospedale a 300 km di distanza da casa e dover correre per poi ricevere incontro un dottore scuotente la testa?
Vi immaginate cosa dev’essere essere un infermiere che cerca di rinfoderare anima e vita dentro un essere umano ancora pieno di brufoli, con troppe poche primavere sulle spalle? E poi, dopo ore, constatarne la morte e tornare a casa dopo un turno di notte devastante, con l’anima lacerata pensando a ciò che ha appena vissuto. Io non credo che nessuno di noi possa immaginarlo.
Mi spaventa pensare di dover crescere dei figli, ho paura della possibilità di dover affrontare queste cose. L’educazione della famiglia non centra nulla, non solo almeno. Si fanno tutti indipendentemente da quello: dal poveraccio al benestante, dall’orfano a chi ha una famiglia per bene alle spalle.
Ognuno è conscio e consapevole di ciò che fa. Si fanno delle scelte, ormai gli adolescenti sono sgamati e molto più svegli della generazione pre social a cui appartengo. Il loro database di conoscenze è già ampio fin da piccoli grazie soprattutto al web. Io non capirò mai gli umani. E voi forse non capirete me in questo momento, il perché di questo papiro. E domani la sveglia urlerà comunque alle 7.

Sono orgoglioso di essermi scelto le amicizie giuste e di aver rifiutato chi mi ha lusingato e cercato di abbindolare cercando di portarmi verso altro.
Di essermi creato un percorso e di aver tracciato una strada a cui mi sento di appartenere. E l’ho fatto da solo.
Se solo fossi riuscito a tirare in mezzo anche qualcun altro, salvarlo, forse non scriverei questo post. Forse avrei un altro paio di sorrisi anche per te. Ciao L.
Marco M. 21 luglio 2015 ore 2.28

Ringraziamo di cuore Marco Messina, un ragazzo come tanti che ha scelto di esprimere il suo pensiero e la sua rabbia per un vita andata persa e condividendolo con noi ci ha fatto un immenso dono.