A bassa voce

Un raggio di sole che entrava dalla finestra continuava ad illuminare per metà la scrivania che mi divideva da quell’uomo formale ed impostato che continuava a parlarmi, inutilmente direi.
Lunghi attimi di silenzio avvolgevano quella stanza, non avrei parlato, non avrei dato modo agli altri di entrare nei miei pensieri, nel mio mondo.
Sentendomi quasi incatenata ad una sedia, la rabbia mi mordeva lo stomaco, ma il mio corpo era troppo debole per poter reagire come invece avrei voluto. Le parole di quel dottore parlavano di soluzioni, provvedimenti e di un qualcosa che non stavo a sentire, accennava qualcosa rispetto ai miei 14 anni, ma non mi soffermai ad ascoltare.
Dovevo farmi. Mio padre mi aspettava fuori da quella porta, mi avrebbe riportato a casa, inconsapevole che per me anche quello non era più posto sicuro.
Continuavo a chiedermi cosa stessi facendo ancora dentro quel buco e cosa volesse da me quel tizio, poi sfuggendogli lo sguardo, abbassai il volto. Quelle linee continue che si facevano strada nelle mie braccia lasciavano il segno di un dolore che non riuscivo ad esprimere e che nessuno sembrava potesse capire. Poi improvvisamente lo vidi alzarsi, e avvicinarsi a delle vecchie cartelle riposte negli scaffali di un vecchio armadio.
Appoggiò delicatamente una foto nella scrivania, parlando di un vecchio gruppo che un tempo era passato per quella stanza. Quello stesso buco dove io mi ritrovavo. Non capii cosa volesse dirmi con questo gesto, diedi allora un’ occhiata veloce, rapida cercando di non farmi vedere. Ma tra tutti quei volti, uno mi colpì in particolare.
Il mio, riflesso sul vetro della scrivania. Uguale a quelli delle foto.
Per un attimo mi mancò il respiro. Occhi spenti e assenti, volto scavato e provato dal dolore.
Mi girai di scatto e guardai il volto della mia mamma. Dolore, lo stesso viso devastato.
Il mio riflesso in quello di mia madre …..
Una lacrima marcò il mio viso.
Riguardai il volto di mia madre, era tanto che non lo vedevo.
L’ immagine dei suoi occhi aveva smesso di tormentarmi anche quando tra le lacrime mi iniettavo l’ ennesima dose, implorandomi quasi di fermarmi.
La mia mamma.
I miei occhi si riempirono di lacrime provando quasi tenerezza nel vederla così bisognosa d’ aiuto, con quegli occhi tristi e persi nel vuoto.. vidi il mio riflesso, pronto a ricordarmi ciò che ero diventata.
Piano sussurrai … “mamma..”
Poi alzai lo sguardo, questa volta affrontando il suo.
Buttai fuori le lacrime che colmavano i miei occhi, feci un respiro e a bassa voce dissi
“ti prego aiutami”.