Vivo ballando

La danza mi assorbiva completamente, era l’unica cosa che riusciva a trasmettermi amore ed emozioni. Mi faceva sentire a casa e battere il cuore come nessun’altra cosa prima. Ma poi iniziarono le superiori, istituto turistico. Mi stancai di essere “la brava ragazza” e diedi libero sfogo alla mia vena punk. Incontrai una ragazza, Sofia, che era diversa, strana come me e ci trovammo subito

In seconda cambiai scuola e andai all’artistico e lì iniziai a frequentare una grande compagnia di rappettoni, cinquanta ragazzi, tutti dell’artistico, tutti appassionati della street art; facevamo gare di freestyle, beatbox, musica, canne, alcol e lì trovai il mio mondo. La mia amica Sofia mi insegnò tutto: dove andare a prendere il fumo, le cartine, come si facevano le canne. Dopo diverse esperienze con le droghe, Sofia però si spaventò e decise di lasciare la compagnia. Io no. In palestra iniziavano a girare voci che frequentavo compagnie poco raccomandabili e che mi facevo le canne.  I miei istruttori iniziarono a capire che c’era  qualcosa che non andava. Decisero di darmi dei corsi da gestire, uno stimolo, qualcosa che dovevo avere paura di perdere. A quindici anni iniziai a insegnare danza in palestra. Entrai anche in un’accademia di danza a Modena e la frequentai per tre anni. Vinsi una borsa di studio e andai a studiare fuori città. Vinsi concorsi, andai a convention, mi piazzai seconda ai nazionali. Iniziai così a fare esibizioni e in discoteca non ci andavo con gli amici per fare serata, ma per esibirmi con la mia compagnia. Tutti gli altri mi sembravano degli ‘sfigati’, loro dovevano pagare per andare in discoteca, io venivo pagata. Ma tutto ciò comunque non mi bastava. La mattina andavo a scuola, il pomeriggio giravo con la compagnia e la sera avevo i corsi di danza in palestra. Nella stessa giornata davo vita a tre personaggi diversi. Nella compagnia divenni presto ‘Gioia la ballerina’. A sedici anni conobbi un teppista, aveva 4 anni più di me, aveva già problemi legali e siccome ero minorenne mi teneva sempre fuori dai suoi furti, scippi e rapine. Nel gruppo ero per tutti quella brava, la ballerina, la ragazza da salvare e quindi avevano un occhio di riguardo per me. Nonostante questo, una sera, decisi di non tornare a casa, decisi di stare fuori, come facevano tutti e quello è stato il giorno che ha segnato il mio cambiamento.   Da quel momento ho sempre fatto quello che volevo senza freni. I miei non mi punirono e io capii che, non essendo controllata, non avevo limiti. Ebbi il primo contatto con la cocaina a sedici anni a casa di un quarantenne mio conoscente. Prima di quel momento snobbavo la coca perché l’associavo ai fighetti, poi iniziò a girare anche all’interno della mia compagnia e quindi iniziai ad associarla a noi, al nostro stile di vita e quindi potevo permettermi di prenderla. A diciassette anni lasciai la compagnia perché iniziava a girare l’eroina e io mi sono sempre tenuta a distanza, inoltre non potevo più permettermi di farmi vedere in giro in certe situazioni, avevo un nome e se mi vedevano in giro con i punk a bestia avrei perso di credibilità a danza e al lavoro. Così abbandonai il gruppo. Iniziai ad uscire con un ragazzo più grande, che mi fece conoscere una coppia. Spacciavano cocaina e me la offrivano in continuazione. Non dormivo per giorni, a scuola ci arrivavo completamente distrutta e da quel momento la coca non la mollai più. La mia vita ora era piena di personaggi diversi che mi ero creata, personaggi che dovevo mantenere credibili e vivi anche se non rispecchiavano la vera me. Dovevo sempre mantenermi al centro dell’attenzione, la protagonista, dovevo essere considerata dagli altri come mai ero stata considerata dalle persone più importanti della mia vita. Avevo bisogno di amore, ma scappavo da esso nel momento in cui lo riconoscevo. Non riuscivo a gestire le emozioni, non ero abituata all’amore e quindi ne ero spaventata. Tutte queste ‘me’ andavano mano a mano a scontrarsi, diventavano giorno dopo giorno sempre meno compatibili tra loro, gestire tutto questo era sempre più pesante. Andai a Milano per ballare e non conobbi i ballerini come speravo, ma piuttosto conobbi pusher della zona e bar malfamati. In quel momento, attraverso le persone che incontravo, mi resi conto per la prima volta di chi ero, di chi ero diventata. Non attiravo più insegnanti di danza e ballerini, ma spacciatori. Il mio fisico ormai non reggeva più le nove ore giornaliere di accademia che mi spettavano, non riuscivo più a fare niente. Al lavoro guadagnavo bene e mi piaceva, ma ero sempre su di giri per via della cocaina, non dormivo più, ero violenta e aggressiva, avevo bisogno di sedarmi in continuazione e così iniziai a farmi un gran numero di canne. Un giorno finii di lavorare alle tre, avevo un corso alle sette e mezza, mi stesi sul divano e mi misi a fumare come solito. Ad un certo punto mi trovai a scegliere se fumarmi un’altra canna e collassare oppure smettere, alzarmi e prepararmi per la lezione. Non so in quel momento cosa accadde dentro la mia mente, ma fumai l’ultima canna e collassai. Mi svegliai alle otto e mezza, avevo saltato la lezione, era la prima volta in quindici anni che saltavo una lezione, mi sentii morire. Quello è stato il momento in cui capii che era finita, che ero arrivata al limite, che dopo quel momento non ci sarebbe stato più nulla. Andai subito in palestra, chiesi scusa agli altri istruttori dicendo loro di essermi addormentata. Mi guardarono, avevano capito tutto, non erano necessarie altre parole.

 

Gioia