L’attesa

Poche settimane, forse pochi giorni, non so, non voglio saperlo, forse non voglio pensarci. Sono passati anni, precisamente 3 anni e 3 mesi: tanto tempo da quell’ultimo giorno. Quell’ultimo giorno in cui oltrepassai quel vecchio e arrugginito “cancellino” di casa

 Lo chiusi con forza alle mie spalle. Salii sulla macchina, era ancora notte. I cani non scodinzolavano più, mi guardavano andar via e io guardavo pian piano svanire quei musetti tristi e quella dolce aria di casa, lasciandomi alle spalle il mio passato

e quello che di me non volevo ci fosse più. Adesso penso, penso a tornare, ad arrivare a casa dopo così tanto. Cosa ritroverò? Cosa sarà cambiato? Penso a ogni singolo momento. Mi fermo, non posso già organizzarlo. Devo solamente viverlo. Ma la mia mente vola, immagino i miei passi sulla strada di casa, sento il vento sul mio volto, scatenato dal treno che sfreccia di fronte a casa. Immagino i pini alti del mio quartiere. Sento gli uccellini che cinguettano su di loro, continuo a camminare e immagino i miei cani invecchiati, che mi riconoscono e iniziano a scodinzolare. Li sento mugolare, si avvicinano al cancello senza grazia e la loro agitazione allerta la mia famiglia del mio arrivo. Mia sorella, mia sorella! Mi corre incontro, spalanca il cancello non curante dei cani, mi salta addosso. La stringo forte, rido, la bacio, piango. Mia sorella, maledetta mia sorella, 3 anni e quattro mesi, senza mai vederla perché la droga è più forte di lei. Bella, sempre bella come è lei… Quanto mi sei mancata! La tavola apparecchiata, la Coca Cola sempre presente sul tavolo, i crostini di mamma, preparati apposta per ognuno di noi, per babbo quelli ai porcini, per Dany al salmone e al paté per me. La televisione già accesa sul TG. Il profumo di casa, quell’odore unico che è solo tuo.

Debora

Tratto da “SanpaNews”. Scopri come riceverlo