Per salvarla, per salvarci

Conobbi Jessica in una sala giochi. Ero andato lì con Jack, avevamo un appuntamento con alcuni clienti. Rimasi colpito, era una B-Girl. Mi piaceva da morire. Iniziai a frequentare i posti dove sapevo di trovarla. Dopo poco ci mettemmo insieme. Conobbi la sua famiglia, non era proprio delle migliori: genitori separati ma che vivevano sotto lo stesso tetto. Quindi ogni giorno litigi.

Vanessa non stava per niente bene in quella casa. Io ero innamoratissimo e mi convinsi di poterla aiutare, che poteva portarla via, lontano da quelle situazioni, lontana da quella vita. Ma il peso era troppo da sopportare, per entrambi. L’unica cosa che riuscimmo a fare fu quella di rinchiuderci nella nostra camera a fare l’amore e a fumare canne, continuamente. Da lì a poco in quella stanza portammo altro: pasticche, coca. Quello era il nostro modo di andarcene via lontano. Chiusi in quella stanza niente ci faceva male, il problema era quando aprivamo la porta.

Ci volle veramente poco e scoprimmo che cosa fossero i rave-party. La prima volta restammo senza parole. Non ci potevamo credere! Un capannone pieno di gente che ballava davanti ad un muro di casse a ritmo di tekno sparata ad altissimo volume. Tutte le droghe. C’era davvero di tutto in circolazione. Quell’atmosfera così ‘libera’, ci illuse di avere trovato la nostra dimensione, il nostro mondo.

Inutile dirvi che le droghe a quel punto le provammo tutte. Io avevo 18 anni, Jessica 17.

Ci sballavamo con ogni tipo di sostanza, tutti i giorni, dalla mattina alla sera, fino a che non collassavamo.

Dei ragazzi ci consigliarono di provare la roba per farci scendere la botta delle droghe chimiche quindi, detto-fatto, senza nemmeno rendercene conto eravamo strafatti e in astinenza.

Ci arrestarono. Finimmo in carcere e poi dopo poco passammo agli arresti domiciliari. Non riuscivamo più a spacciare e per riuscire a farci incominciammo a calpestare la nostra dignità. Tradimenti, menzogne… per i soldi arrivammo a fare qualsiasi cosa.

Eravamo due ragazzini, divorati dalla roba.

Una sera mi chiusi nel bagno. Jessica era sdraiata sul letto, fatta, sfatta. L’avevo osservata prima di chiudermi la porta alle spalle. Non era più lei, di lei non era rimasto più niente. Magra, pallida, sporca. Buttata su quel letto che non cambiavamo da un sacco di tempo. Quel letto sul quale ci eravamo amati alla follia.

Mi accasciai per terra, vicino al water. Le ferite erano troppo profonde, continuavo a bucarmi con l’idea e la speranza che il dolore si affievolisse o magari sparisse, ma non c’era niente da fare. Continuavo a piangere e non sapevo più che cosa fare. Volevo farla finita con quella vita… ma anche con la mia. Il pensiero va a Jessica. Spalanco la porta. Io dovevo salvarla, portarla via. Dove siamo andati a finire.

Non è stato facile scegliere la Comunità. Eravamo due ragazzini. Dovevamo fare dell’altro. Ma ci siamo illusi di avere trovato la nostra dimensione, il nostro posto nel mondo.

E ora…dobbiamo rifare tutto. Non so se sarà Jessica la donna della mia vita. Siamo solo due ragazzini. Ma lo prometto questa volta farò di tutto per salvarla. Per salvarci.

Andrea

Tratto da “SanpaNews”. Scopri come riceverlo.