Pieno di Rabbia

Ciao ragazzi.
Io sono Claudio, ho ventidue anni e vengo dalla zona di Bormio. Se volete capirci qualcosa della mia storia , bisogna che mi permettete di iniziare veramente dall’inizio, ancora prima che io nascessi.
Chiamerò i miei genitori per nome: A. e G. Questo mi aiuta a fare chiarezza. Poi capirete perché. A. e G. si conoscono, si amano e si sposano. E rimangono per quindici anni insieme. Poi mia madre conosce un altro uomo, lascia mio padre e va a vivere con questa persona. La storia prosegue fino al giorno in cui mia madre scopre di essere rimasta incinta e in quel momento iniziano i problemi. Lui, anch’esso separato, ha dei figli e quando capisce che tutto si sta facendo davvero serio, non regge la pressione e molla mia madre, per tornare dall’ex e dalla famiglia. Mamma, incinta, rimane sola. Capisce che in quello stato non può crescere suo figlio e chiede consiglio a G. con il quale è rimasta in buoni rapporti. Insieme decidono di affrontare la cosa pur non tornando a dividere lo stesso tetto. Ed è a quel punto, dopo che i miei genitori hanno deciso di fare di nuovo squadra, che sono nato io. Si! Quel bambino ero io. G. ha deciso di crescermi e occuparsi di me, anche se non ero figlio suo. Mia madre aveva una casa sua. Al mattino lei andava a lavorare al negozio di G. che chiamerò mio padre e stava con lui tutto il giorno, entrambi si dedicavano molto al lavoro. La sera poi ritornava a casa con me e questa era la nostra vita per i primi anni. Il paese dove abitava e lavorava mio padre dista circa venti chilometri da quello di mia madre ed è lì che io andavo a scuola e avevo tutte le mie amicizie.
Forse la cosa un po’ mi confondeva e mi facevo delle domande. Sapevo che erano separati, ma ho capito che c’era qualcosa di più quando, già grandicello, lessi il nome di mio padre sotto la definizione ‘padrino’ in un lavoretto scolastico, che avevo fatto all’asilo, dove parlavo della mia famiglia. Avevo dodici anni, non ci capivo niente e decisi di chiarirmi le idee chiedendo spiegazioni a mia madre. Lei, molto imbarazzata, provò a spiegarmi cosa era successo.
Io inizialmente non fui in grado di capire che lo aveva fatto per me. Mi sentii raggirato, deluso. Ero arrabbiatissimo con lei e l’accusai di avere tradito mio padre e avermi preso in giro e il nostro rapporto prese a deteriorarsi sensibilmente. Ho iniziato ad odiarla. Ma soprattutto ho iniziato a sentirmi diverso dagli altri e questo mi ha predisposto a cercare sempre qualcosa che mi mettesse al si sopra di tutti. In più a causa del lavoro erano sempre assenti.
Ad esempio ho giocato per un po’ a calcio e non sono mai venuti a vedermi, così come non ci sono mai stati quando ho iniziato a sciare a livello agonistico ed ero pure bravo. Questa cosa mi feriva, ma non lo dicevo a nessuno. I rapporti con mia madre diventavano sempre peggio man mano che passava il tempo, anche perché sapendo della mia rabbia e con la paura che io potessi fare qualcosa di brutto, lei si rifiutava di dirmi chi era il mio papà naturale.
Anche per proteggere la sua famiglia che probabilmente era ignara di tutto. Poi ho capito che di lui non me ne fregava niente in realtà, un padre ce l’avevo già.
Quello che mi ha cresciuto. E a lui mi sono attaccato tantissimo. Comunque la situazione sfuggì di mano ai miei. Io sentivo un ribollimento dentro che non mi spiegavo, iniziai prestissimo, già a dieci anni, a non rincasare e mia madre non sapeva come affrontarmi.
A volte bussavo a casa di mio padre e dormivo da lui. Così come molto presto ho iniziato a rubare i soldi dalla cassa del negozio, perché desideravo avere soldi in tasca e ce l’avevo con mia madre perché non mi viziava come fanno i genitori con alcuni amici miei. Sono arrivato a fregare anche cento euro a undici anni, per comprarmi cellulari e schede e sigarette e così mi sentivo il bullo della situazione e mi sentivo guardato senza provare più quella sensazione di disagio che avvertivo prima. Ho sempre cercato i ragazzi più grandi per sentirmi sempre al top, così ho conosciuto Stefano che aveva cinque anni di più e con lui ho iniziato a bere birra. Per stare con loro compravo le sigarette e pagavo la benzina.
Tutto sembrava bellissimo. Avevo amici grandi e andavo in giro con loro, bevevo, iniziavo con le canne e vivevo la mia sfida personale con il mondo e soprattutto con mia madre , che provava a fermarmi, ma ero troppo deciso per permetterglielo. Non le portavo il minimo rispetto, il sabato sera finiva sempre che scappavo per andare a ballare e facevo tutto quello che mi passava per la testa. Ero diventato arrogante ed ingestibile…

…adesso sono più di tre anni che seguo questo percorso di riabilitazione che mi ha salvato la vita. I miei genitori sono stati l’ancora che mi ha tenuto fermo e impedito di andare alla deriva. La verità è che ho imparato ad amare e rispettare ciò che maggiormente volevo distruggere: me stesso.

-Claudio-